Sant’Agata di mezz’agosto tra storia e leggenda
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- Scritto da Santo Privitera
La città è in festa. Si celebra oggi l’899° anniversario del ritorno a Catania delle Spoglie di Sant’Agata. Il venerato corpo della Vergine e Martire Agata venne trafugato nel 1040 insieme a quello di Sant’ Euplio e di San Leone il Taumaturgo, il vescovo che secondo la leggenda avrebbe sconfitto il mago Eliodoro bruciandolo davanti l’antica cattedrale. L’ autore del sacrilego furto, il generale bizantino Giorgio Maniace, lo avrebbe trasportato a Costantinopoli per consegnarlo come “bottino di guerra” all’allora imperatore Plafagone IV. Ma su quest’ultima versione non tutti gli storici pare siano concordi. Ultimamente circola una ipotesi più suggestiva e nobile: Maniace lo avrebbe fatto per sottrarre le sacre Spoglie dei santi cristiani agli arabi, sotto il dominio dei quali era la Sicilia. La lotta per spodestare gli “infedeli” a quel tempo si faceva di anno in anno sempre più aspra. Una possibile “caduta saracena” come in effetti sarebbe avvenuto trent’anni dopo ad opera dei Normanni, avrebbe potuto comportare gravi ritorsioni sui simboli cristiani della città. Sta di fatto però che il corpo di Sant’Agata, molto venerato anche dai Bizantini, prima che i soldati Goselmo(calabrese) e Gisliberto(francese) lo riportassero in patria, rimase in terra straniera per 86 anni. Tra storia e leggenda, c’è di mezzo tanta fantasia. Il viaggio dei due soldati sarebbe stato particolarmente lungo e avventuroso. Se fossero stati scoperti, li avrebbero passati immediatamente per le armi. Ebbero molto coraggio, anche perché secondo quanto narra la leggenda, Sant’Agata apparve in sogno a Goselmo. Lo avrebbe implorato di riportarla nella sua amata Catania. Il corpo di Agata, per essere trasportato, sarebbe stato smembrato e riposto nelle faretre dove i soldati solitamente riponevano le frecce. E qui di leggenda ne circola un’altra. Durante il viaggio in terra bizantina, Goselmo e Gisliberto sarebbero stati fermati da un gruppo di commilitoni. “Trasportiamo gelsomino” rispose Gisliberto a chi gli stava davanti. Un miracolo. Un profumo inteso si sparse per l’aria, tanto da convincere i soldati bizantini che era tutto vero. Da qui una tradizione ormai scomparsa da tempo a Catania. Fino ai primi anni ’70 dello scorso secolo, durante la festa di mezz’agosto, per le strade comparivano i venditori di gelsomino. Il mazzetto “piantato” nelle umide “sponse” di colore verde scuro, costava trenta lire. Tornando al viaggio. Lasciata la terra di Bisanzio, via mare le sacre Spoglie approdarono a Taranto e da qui a Messina. L’allora vescovo Maurizio che a quel tempo si trovava nella residenza estiva al castello di Aci, non esitò un istante a inviare due monaci benedettini nella città dello stretto. Le Membra riposte in una piccola bara, appena prese in consegna ripartirono via mare. Durante la navigazione, l’imbarcazione attraccò ad Alì Terme. In questa cittadina tutti gli anni si celebra il fausto evento. Da qui, prima di riprendere di nuovo il mare alla volta della residenza estiva arcivescovile, sarebbe stata solennemente trasportata in terraferma attraverso tortuosi sentieri fino a Taormina. Al Castello di Aci sostò un giorno: poi la processione fino a Catania. Il sacro drappello arrivò nottetempo nella città etnea. La consegna alle autorità cittadine avvenne al porto Ulisse (odierna zona del Rotolo). Era il 17 agosto del 1126. Il tragitto fino alla cattedrale venne salutato da due ali di folla festante e dallo scampanìo delle campane. I cittadini catanesi, con l’occasione, in segno di devota cristianità indossarono camici bianchi simbolo della purezza( e non vestaglie da notte). La veridicità dei fatti è narrata minuziosamente nella famosa epistola redatta dello stesso vescovo Maurizio. Il documento originale andato perduto probabilmente durante il terremoto del 1693, è stato attestato da autorevoli studiosi come il Carrera, Amico, De Grossis ed altri. “Un esemplare”-precisa la professoressa Mariuccia Stelladoro-“si conserva nel Liber Prioratus, passato dai monaci benedettini al clero secolare”. Il vescovo Maurizio, inoltre, nel luogo dove avvenne la consegna( nella odierna via Calipso) fece costruire una “Cappelletta votiva” distrutta dalle lave del 1381 prima e definitivamente cancellata dalle mani dell’uomo nei primi anni ’60. Al suo posto venne costruito un asilo nido. Non è rimasta traccia: solo un anonimo eucaliptus piantato all’interno di un semicerchio di basalto lavico. Negli anni ’90, a ricordo, il comune si premurò a collocarvi una lapide. Tutto qui. La ricorrenza di Sant’Agata di mezz’agosto ha una importanza fondamentale per la storia agatina, perché da quel momento hanno avuto inizio i festeggiamenti Patronali che oggi tutto il mondo ammira.
Pubblicato su “La Sicilia” del 17 agosto ‘25
Il Ponte che sta stretto
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- Scritto da Santo Privitera
Questa storia del ponte sullo stretto, sta diventando una vera scommessa: si fa o non si fa? ..Prego, signori, prego, si accomodino…si accettano scommesse…” Siamo nel grande casinò d’Italia. Tra destra e sinistra, volano stracci. Lo scontro è forte e assume sempre più i connotati di uno scontro solo ideologico. Anche l’opinione pubblica vuole dire la sua. Nei mezzi pubblici come nelle piazze; nei salotti televisivi come nei social, il grande “circo opinionistico” è più attivo che mai. Nelle partite di calcio, i tifosi argomentano da “commissari tecnici”; nel caso del Ponte sullo stretto, tutti a disquisire su questioni sociologiche, ingegneristiche e perfino idrogeologiche. Siamo un popolo di sapientoni. E’ il tema del momento, come se non esistessero problemi ancora più seri ed importanti. Intanto, non si parla d’altro. E’ la solita sol-fa. ”…E basta!”-sbotta qualcuno-“non si nni pò cchiù cu stu pusillicu!!!” Il termine “pusillicu” viene utilizzato quando si parla sempre della medesima cosa. Deriva dalla canzone classica partenopea che quasi sempre in maniera ossessiva faceva riferimento a “Posillipo”, stupendo quartiere residenziale collinare napoletano. Ancora oggi che tutto sembra andare a “gonfie vele”, sono in molti a non crederci. I commenti sono i più disparati: “Tannu ci criu, quannu ‘u viu prontu…!” Qualche altro in maniera più scettica: “Campa cavaddu, ca l’evva crisci…” A quest’ultimo, come si può dare torto visto che da sempre se ne parla senza che nessuno mai abbia messo una pietra sopra l’altra? Tante le idee, mai una andata in porto. Tanti i progetti andati in malora. Tra questi il “tunnel sotto lo stretto” , simile a quello della “manica” che unisce la Francia con il Regno Unito. Tanti i soldi buttati al vento. Una storia affascinate ancora senza un lieto fine. “Il ponte Incantato”, il “ponte dei sogni”; non si è andato oltre la fantasia. Negli anni ’50, nella copertina della Domenica del corriere, un lungimirante artista pubblicò una vignetta che ancora oggi fa sorridere: Riproduceva un carretto siciliano attraversare un inesistente ponte sullo stretto. Carrettiere e passeggeri erano allegri e sorridenti. Ma c’è pure chi non ci crede per niente: “ ah, sì ‘mu visti stu fimmi…”. Chi invece lo vuole davvero, brinda già al successo dell’operazione. I più “attempati” cominciano a fare calcoli: “ Ci volunu ottànni?…ca’ ràzia do’ signuri c’havissa arrivari…” Volendo raccontare la storia del Ponte tra le due sponde di Calabria e Sicilia, ci vorrebbe un bel po' di tempo. Le cronache sono zeppe di iniziative rimaste solo sulla “carta”. Dai Romani a Salvini, passando per i Borboni, Craxi e Berlusconi, “ballano” ben 1775 anni. “Non è mai troppo tardi”, è vero; ma un proverbio catanese ci insegna pure che “Non si po’ diri bonanotti su non prima si va’curca”. Come dire che: se prima non finisce la giornata, qualcosa di brutto può ancora accadere”. I sostenitori del ponte, quelli più superstiziosi, staranno già toccando ferro. Adesso che si è sulla dirittura d’arrivo, è necessario tenere gli occhi ben più aperti. La sorpresa può sempre essere dietro l’angolo. Il compianto giornalista de “La Sicilia” Tony Zermo, da sempre sostenitore del “Ponte sullo stretto”, ne fece una battaglia personale. Intanto già sono partiti i primi ricorsi. I più agguerriti, come sempre, sono gli ambientalisti. Ogni volta che si è parlato di mettere mano all’opera, si sono posti sempre di traverso. Fosse per loro, lo stretto sarebbe meglio attraversarlo a nuoto. Le motivazioni non convincono del tutto, anche perché sono sempre le stesse: “L’impatto ambientale”-sostengono-“sarà devastante”, rischia di deturpare definitivamente il panorama e aumentare il tasso di inquinamento nell’area. Inoltre: “ In caso di terremoto, la struttura rischierebbe di collassare”. Senza parlare della tesi secondo la quale una struttura così imponente disturberebbe il flusso migratorio degli uccelli. E poi ci sarebbe la questione delle possibili infiltrazioni mafiose; . Tutti argomenti triti e ri-triti. A Messina e Reggio Calabria, la stragrande maggioranza degli abitanti sembrerebbe favorevole. Realisticamente sanno molto bene che un’opera così “grandiosa”, oltre a snellire il traffico veicolare perennemente intasato agli imbarcaderi dei traghetti, abbatte di molto i tempi di percorrenza. Tanti i benefici in termini di turismo. A detta di promotori, tecnici e progettisti tra i migliori in circolazione, questo sarà il ponte a campata unica più grande del mondo. Le due torri altre di oltre 400 metri, saranno la vera attrazione. I treni faranno “unica tirata”. E i traghetti?…quelli ci saranno sempre. Sarà la volta buona, questa? Chi vivrà vedrà…”Cca semu”.
Nella foto, il progetto.
Pubblicato su La Sicilia del 10.08.’25
Catania: Consacrazione del quartiere Barriera del Bosco alla Madonna del Carmelo
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- Scritto da Santo Privitera
Si sono conclusi a tarda notte a Barriera, i festeggiamenti in onore della Madonna Del Carmelo. Erano iniziati come da tradizione, il primo luglio. Il programma anche quest’anno è stato molto intenso e partecipato. Oltre alle consuete funzioni liturgiche, notevole è stata l’attività ludica e culturale che ha visto impegnati molti giovani nei due oratori parrocchiali dislocati nel territorio. Il parroco don Domenico Rapisarda, nel ringraziare il comitato per i festeggiamenti, si è detto molto soddisfatto soprattutto per la folta partecipazione dei fedeli. “E’ stata superiore”-ha sostenuto- “a ogni rosea aspettativa”. Non a caso gran parte delle manifestazioni pubbliche si sono dovute svolgere all’interno della piazza S.Maria del Carmelo antistante l’omonima chiesa. In questa edizione che cade nell’anno Giubilare, alcuni temi sono stati posti al centro dell’attenzione: La solenne cerimonia eucaristica presieduta dall’arcivescovo Mons. Luigi Renna per la consacrazione del Quartiere alla Madonna del Carmelo; La consegna dell’antico fercolo rimesso a nuovo a cura della Soprintendenza ai BB.CC. di Catania. Con l’occasione, la restauratrice dott.ssa Maria Scalisi ha illustrato nei dettagli le delicate fasi dell’operazione. Nella stessa serata, allietata dal gruppo Folk “Eco dell’Etna” e dalla prodigiosa voce solista del soprano Angela Curiale, è stata annunciata da parte dello stesso autore, l’imminente presentazione di una pubblicazione sulla storia della Parrocchia. Nell’ultimo giorno dei festeggiamenti, il fercolo con il prezioso simulacro della Madonna del Carmelo, trainato dai devoti e accompagnato dalla banda musicale del m° Virgillito, ha attraversato da Nord a Sud le principali vie del quartiere. Spettacolari e emozionanti, scanditi da preghiere e applausi, sono stati: l’omaggio floreale dei VV.FF. alla statua della Madonna posta alla sommità della facciata principale della chiesa, e la XXIII edizione della “discesa dello Spirito Santo” svoltasi al largo Giuseppe Catanzaro(‘a Bbiviratura) a cura del comune di Sant’Agata Li Battiati. I fuochi pirotecnici finali hanno concluso i festeggiamenti di quest’anno.
Nella Foto,
l’arcivescovo mons. Luigi Renna pronuncia la formula della consacrazione.