Recensione libri

“IL GESTO DELL’ACQUA” Di Rosalda Schillaci

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 “Il Gesto dell’acqua”(Algra editore) è il nuovo romanzo di Rosalda Schillaci. La scrittrice catanese ci riprova un anno dopo  la pubblicazione di “Quando le uova non si trovavano d’inverno”. La Schillaci è una poetessa votata alla narrativa. La sua prosa lirica si presenta asciutta e concisa. “Il Gesto dell’acqua” è un affascinante viaggio storico tra Budapest e Catania. Un intreccio che si sviluppa sull’onda emozionale del diario rinvenuto casualmente all’interno della casa di una “forestiera”  deceduta poco tempo prima. Narra della prima guerra mondiale e delle conseguenti devastazioni che ha causato sul piano dei  rapporti sociali prima ancora di quello materiale. Tutti i personaggi hanno un loro valore nel contesto della trama: anche quello apparentemente più insignificante. Il rapido cambiamento della personalità della protagonista, è lo stesso di quello registrato nella società europea dell’immediato dopoguerra. Un particolare-questo- che affiora con lo scorrere delle pagine. Maria, una trovatella vissuta fino all’età adolescenziale in un convento, conosce il giovane poeta ungherese Sandor. I due intrecciano un breve ma intenso rapporto d’amore.  Lo scoppio della guerra 1915-18 li separerà. Sandor, partito militare, verrà fatto prigioniero. Maria, dopo una serie di gravi vicissitudini patite con grande dignità, cambierà nome e condizioni di vita. Si metterà sulle tracce dell’amato, giungendo fino in Sicilia, a Vittoria, dove venivano reclusi i prigionieri di guerra ungheresi. L’autrice mostra una notevole padronanza di scrittura nell’articolazione della trama. Gestisce bene la quantità di “tasselli” da mettere insieme. Nelle quattro parti in cui si dipana la storia( Il gesto dell’acqua, Felice disincanto, il Respiro della solitudine e Verità ferite), trovano posto scomode verità, sogni, disincanti, illusioni e quella felicità “epicurea” sempre inseguita e mai raggiunta.

 

Nella foto, la copertina del libro

                                                                                                                                             

LA RECENSIONE: “ANTONIO MONTECASSINO, UN SICILIANO A NEW YORK”

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Montecassino un Siciliano a New York” è un agile volumetto scritto da Salvatore Carcò e Torquato Tricomi. Quasi cento pagine corredate da foto, documenti vari e spartiti musicali.     Al suo interno ospita due articoli di Pio Salvatore basso e  Luca Sinatra. “Un saggio utile”-come riportato nella prefazione- “scritto dosando bene cuore storia e memoria”. Non è soltanto un lavoro biografico, perché affronta in estrema sintesi diverse tematiche relative agli usi e costumi popolari militellesi dello scorso secolo. I due autori, entrambi musicisti, trattano gli argomenti su fronti diversi. Tricomi si occupa delle tradizioni, della musica da ballo, della pregiata liuteria catanese, dei musicisti che hanno fatto la storia della musica popolare catanese in particolare; Carcò invece fa ricorso ai ricordi personali e alla documentazione inedita per tratteggiare con estrema precisione la biografia del musicista militellese Antonio Montecassino del quale fu anche allievo.  Montecassino  nasce a New York nel 1916. Trasferitosi Militello in Val di Catania paese d’origine dei genitori,  eserciterà per tutto il ‘900 una intensa attività musicale come polistrumentista, compositore e insegnante. Sotto la sua attenta guida, si sono formati musicisti di talento che ancora oggi svolgono la propria attività in Italia all’estero. Suo grande merito è stato quello di avere ridato vigore e professionalità al corpo bandistico del suo paese. Ha composto e inciso un lungo elenco di musiche ballabili, marce e trascrizioni per chitarra di brani famosi.  Attorno alla sua figura, ruotano altri protagonisti dell’epoca d’oro della musica popolare fatta di “fistini” in famiglia, serenate sotto i balconi e musiche dei saloni da barba. Il maestro concluse la sua vita nel 2007 a New York, dove si recava spesso. 

Catania 1.08.’24

                                                                                                                                                             

Nella foto, la copertina del libro

ROSETTA DI BELLA: "NEL FRULLO DI UNA PIUMA"

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Ci sono voluti anni di militanza poetica, centinaia di liriche sparse tra antologie e riviste, prima che la silloge “Nel frullo di una piuma”( Etabeta ed.) venisse alla luce. L’autrice, Rosetta Di Bella, ha raccolto parte della sua produzione poetica per darla alle stampe quasi alla fine della sua esistenza. Sarebbe scomparsa prematuramente poco dopo, senza avere avuto il tempo di assistere alla presentazione della sua unica creatura. Nei suoi versi teneri e quasi riservati, c’è però tanta voglia di vita. “La poesia di Rosetta Di Bella”-scrive il poeta Ninni Magrì autore della prefazione-“è innanzitutto una poesia introspettiva”. Come non dargli ragione? Nelle settantotto liriche contenute in questo lavoro, c’è tutto il suo mondo interiore: la sua anima, il suo carattere, i suoi dubbi, i suoi tormenti, la sua solitudine. Sì, una solitudine abilmente celata dal contagioso sorriso che illuminava il suo volto: (…) Detestabile notte/ancora mi cogliesti/come un tempo sola,/infinitamente sola.(Detestabile notte). Leggere gli autori della letteratura italiana e soprattutto le opere dei poeti, lo considerava un esercizio per dialogare intimamente con loro. La delicatezza dei suoi componimenti è già racchiusa nel titolo. “Nel frullo di una piuma” contiene liriche delicate ed espressive, dove in chiaroscuro traspare il fluire del tempo vissuto intensamente nella culla dei ricordi. Sono poesie  scorrevoli, libere dalla metrica tradizionale; sgorgano con naturalezza senza essere costruite. Anche se in alcuni di esse si avverte un tono classicheggiante, le tematiche sono moderne: “Guarda le nuvole/ nessuno le trattiene./Al soffio del vento/incuranti/scavalcano confini.(Senza confini).

 

Catania 13.03.2023                                                                                                                              

Nella foto, la copertina della silloge.

COVID 19 "VIA BOLZANO 36", Raccolta di versi e pensieri di Gisella Messina

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“Via Bolzano,36”(Algra editore) di Gisa Messina, è un libro scritto durante il covid 19.Non un diario, ma uno Zibaldone che raccoglie versi liberi, pensieri e racconti brevi sul triste periodo del lockdown. Si può dire molto usando poche parole; è il caso di questo lavoro sintetico ma concentrato sulla tematica e sui suoi effetti. Non c’è né un prima né un dopo; solo una riflessione minuziosa intesa a rievocare momenti vissuti in quei giorni. “C’è stato chi”-afferma Maria Grazia Distefano che ha prefato l’opera-“riscoprendo passioni trascurate o dimenticate, si è inventato un micromondo casalingo”. L’autrice catanese, docente di lettere presso l’istituto comprensivo di Colleferro, in provincia di Roma, coltiva da sempre uno sguardo attento, malinconico ed emozionato verso l’umanità. La scrittura plastica, iconografica ed espressiva, svela il suo personalissimo modo intimistico di vedere le cose. Nelle cinque sezioni in cui l’opera è suddivisa (Pandemiche poesie, Fotografie di vita vissuta, Via Bolzano 36, Pensieri e Poesie), la speranza, il senso della rinascita e la voglia dì normalità emergono dopo un primo momento di smarrimento. Il cammino però è tortuoso; per uscire dal tunnel della noia, dal tedio ripetitivo quotidiano, spesso si va con la memoria a ritroso nel tempo. I social hanno certo rivestito un ruolo molto importante, ma non è bastato. Lo sguardo indagatore di Gisa Messina ha l’occhio lungo e penetrante; si addentra nei meandri dell’anima dei personaggi protagonisti. Tra quelle pagine di verace prosa, la poesia ha funzione catartica. Via Bolzano è una strada di Cologno monzese, a Milano. Gli enormi palazzoni che la popolano, sono caratterizzati da lunghissime ringhiere simili a pesanti catene. La foto di copertina realizzata dal pittore Narducci, ne rivela perfino i dettagli. All’interno di quegli appartamenti, la forzata reclusione costringe gli abitanti a vivere condizioni psicologiche anomale e stressanti. Le contraddizioni esplodono, mettendo a nudo verità che in tempi “normali” sarebbero rimaste nascoste. Ognuno è chiamato a fare i conti con sé stesso prima che con gli altri. “Le lunghe giornate”-conclude la scrittrice- “ci hanno fatto guardare dentro, dandoci però l’opportunità di scoprire le cose in modo diverso; quantomeno di vederle meno superficialmente”.

Nella foto, La copertina.

Pubblicato su La Sicilia, il 3.11.2022

 

 

ANGELI SENZA ALI, Racconto di Adriana La Terra

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Dal titolo, ma anche dalla copertina, sembrerebbe un racconto per bambini; invece si presta bene anche per una lettura a più ampio raggio. È del libro “Angeli senza ali”(Lupi editori) che stiamo parlando. Un lavoro pubblicato recentemente da Adriana La Terra. La scrittrice catanese conferma la sua vocazione a scrivere per l’infanzia, ma allo stesso tempo si rivolge anche ai più grandicelli. Non una semplice fiaba; possiamo considerare questo scritto un “Romanzo pedagogico”. La leggerezza della narrazione, la profondità del pensiero unito alla semplicità della scrittura, in questo caso sono punti di riferimento essenziali per un insegnamento di vita efficace. La scrittrice lo fa di proposito, perché l’obiettivo primario è proprio l’educazione nelle sue multiformi sfaccettature. Il rispetto per gli altri, per la natura, per chi ha più di bisogno. Il libro è dedicato alla famiglia tradizionale(la radice), all’antico “Focolare domestico” e allo speciale rapporto che i nonni spesso intrattengono con i nipoti. Vale tanto per gli uomini quanto per gli animali. E proprio gli animali ne sono i protagonisti. Tutti i valori che nel mondo moderno d’oggi appaiono sempre più in lontani, nell’ambito della famiglia “Orsoni” invece assumono una certa rilevanza: quasi una sacralità. La trama è molto accattivante. Lupi, lucertole, volpi, cinghiali, sono i protagonisti della storia. Nella loro società o, meglio, nel loro habitat, ciascuno è chiamato ad interpretare il ruolo che gli compete a seconda del proprio carattere. C’è Lupignolo il bulletto; La simpatica Birillina, lucertolona dalla doppia coda; La zia Lillina, provetta cuoca rimasta single per scelta dopo una cocente delusione d’amore; Pomponio volpetti musicista indigente, disposto a vendere il proprio mandolino per pagare la gita al nipotino. Nonno Vannino, il saggio capostipite, insegna al proprio nipote Bruno i primi rudimenti di vita; lo segue e lo asseconda. “I grandi della terra”-sentenzia l’anziano orso-“sono le persone semplici che lavorano ogni giorno compiendo il proprio dovere in silenzio e con umiltà”. Le giuste parole perché il cucciolo impari bene a camminare a testa alta e ben dritto con le proprie “zampe”.

 

Nella foto, la copertina

Pubblicato su La Sicilia del 3.12.2022

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