ODIO L’ESTATE
- Dettagli
- Categoria: Moda Costume e Società
- Scritto da Santo Privitera
“Odio l’estate/ il sole che ogni giorno ci donava/ gli splenditi tramonti che creava/adesso brucia ancora con furor…/ Tornerà un altro inverno/la neve coprirà tutte le cose/(…)” Questa canzone negli anni ’60 fece furore. Un vero tormentone. E in quel periodo, di tormentoni ne nacquero tanti. La cantava Bruno Martino, un cantautore pianista a quell’epoca molto famoso nei night club. Sempre in giacca e cravatta: da un lato il pianoforte, dall’altro un bicchiere di whisky da sorseggiare tra un brano all’altro. Oggi questa canzone sembra essere tornata di moda, metafora di una stagione che ogni anno diventa sempre più asfissiante. I motivi delle lagnanze sono tante. Si va dalle acque inquinate e fino ad arrivare alla mancata legge sui “balneari” che tiene in sospeso il lavoro di tanti imprenditori del settore. Con il caldo torrido di questi giorni e la siccità che sta flagellando l’Isola, molti la staranno maledicendo davvero quella che un tempo era la stagione delle ferie, dei bagni e degli amori facili. Nei social, e non solo, c’è chi ammonisce: “Quannu c’è friddu, non vi vogghiu sentiri cchiù lamentari….”. Mentre dal freddo ci si può difendere coprendosi adeguatamente, contro il caldo non ci sono tanti rimedi.” ‘A Peddi, non ‘na putemu scippari” -si dice dalle nostre parti. Allora meglio difendersi nel modo più efficace possibile. Si cerca riparo al mare o nell’alta montagna. In questi casi: meglio un posto all’ombra che…al sole. Per chi resta in città è consigliabile il ritorno a un buon “ventilatore”. Rispetto al climatizzatore “sparato a palla”, si risparmia sulla bolletta della luce e sul costo dei farmaci anti-influenzali e anti-infiammatori. Si consiglia di bere molti liquidi moderatamente freschi. L’Etna si risveglia sempre in questi periodi. Sembra farlo apposta. Non perde occasione per mettersi in mostra. I turisti rimangono estasiati da quelle fontane di lava che sgorgando dal cratere centrale producono un impareggiabile spettacolo. Molto meno estasiati lo sono le popolazioni etnee, costrette a usare soffiatori, scope e ramazze per ripulire terrazze, tetti e cortili. “Lavica, sapessi come lavica in città”…scrive un poeta catanese che “romanticamente” ironizza su questo fenomeno diventato ormai frequente. Non fiocchi, ma polveri sottili che se da un lato fertilizzano i campi, dall’altro nuocciono ai polmoni. A Catania, la stagione balneare ufficiale cominciava “doppu ‘a Maronna ‘o Carminu” ovvero dopo il 16 luglio. Una data che non si rispetta più già da molto tempo. Le famiglie preferiscono andare al mare sin dalla prima decade di giugno. Quando aprono i lidi, sono tutti lì ad attendere. Si posizionano davanti all’ingresso: sono muniti di sdraio, cappellino, ambra solare, materassino e ombrellone. I bambini, oltre a secchiello paletta, braccioli, maschera e pinne posseggono il telefonino. Una volta lo ostentavano, oggi non c’è più di bisogno perché ce l’hanno tutti. Mamma e papà potranno stare tranquilli e farsi nel frattempo una bella “Scala quaranta” con gli amici di spiaggia. I piccoli se ne staranno zitti e buoni almeno fino a quando, colti da un leggero languorino allo stomaco, non reclameranno un bel panino con la mortadella o con il salame dentro. L’aria marina stuzzica la fame. I genitori lo sanno bene: “ ‘u picciriddu è siccu: ‘ora ‘u puttamu a mari…accussì ci sbòmmica ‘a fami”. Attenzione però, perché prima di fare un altro bagno devono trascorrere almeno tre ore: il tempo della digestione. Questa raccomandazione da parte dei genitori non è mai venuta meno. Alla Playa o alla scogliera, importante è tuffarsi per trovare nell’acqua un po' di refrigerio. A mollo si sta fino a quando non cominciano a comparire i primi segni “violacei” sul corpo. Il vistoso “rattrappimento” alle mani rovina poi l’estetica. Soprattutto per le ragazze potrebbe diventare un segno poco piacevole. La spiaggetta libera di San Giovanni Li Cuti, anche durante le belle giornate d’inverno è frequentata da giovani e meno giovani. Questi ultimi sembrano essere in maggioranza. Sono quelli che non temono affatto gli acciacchi. “Stare in acqua, sia in ammollo che nuotando,”-sostengono gli attempati signori frequentatori abituali -“ rilassa e migliora la mobilità delle articolazioni”. Hanno ragione. L’aria marina ricca di iodio, tra i tanti benefici posseduti ha la capacità di liberare in modo efficace le vie respiratorie”. Dopo una sana nuotata, emerge uno dei veri motivi dell’Impresa: dimostrare che la vecchiaia non esiste. Gli altri motivi, invece, hanno nei ricordi giovanili una matrice comune. Quando ancora erano pochi i lidi, i ragazzi scorrazzavano liberi per le scogliere. Nei pressi della stazione, c’era uno scoglio a picco sul mare dove i più spericolati “osavano” lanciarsi a mare incuranti del pericolo. Qualcuno ci lasciò pure la pelle. La scogliera, ‘u gaitu( oggi largo Candido Cannavò) e soprattutto la Playa restano per i catanesi, i veri luoghi della memoria estiva.
FESTA S.M.DEL CARMELO DI BARRIERA, ED.2024
- Dettagli
- Categoria: Moda Costume e Società
- Scritto da Santo Privitera
Si sono conclusi a notte fonda a Barriera, i festeggiamenti dedicati alla Madonna del Carmelo. Le manifestazioni religiose e ludiche edizione 2024, erano già iniziate lo scorso 1 luglio. Particolarmente intenso è stato il lavoro dei parrocchiani. I giovani insieme ai “veterani” della festa hanno lavorato efficacemente per mantenere viva una tradizione che a Barriera dura da oltre un secolo. A tal proposito, è stato annunciato per i prossimi mesi l’uscita di un volume dedicato proprio alla suggestiva storia di questo luogo di culto che da semplice cappella votiva è diventata nel tempo una attivissima parrocchia. L’ultimo giorno dei festeggiamenti è stato caratterizzato dalla Concelebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo Mons. Luigi Renna. Presenti alla cerimonia religiosa: il sindaco Enrico Trantino, l’on. Giuseppe Lombardo; i consiglieri comunali Alessandro Campisi e Erika Bonaccorsi; il presidente della municipalità Claudio Carnazza. In rappresentanza dei paesi limitrofi, i rispettivi sindaci di Gravina di Catania e Sant’Agata li Battiati: Massimiliano Giammusso e Marco Rubino. “Come comunità vogliamo essere “pietre vive” ha esordito il Parroco Don Domenico Rapisarda nel suo intervento di ringraziamento ai presenti. Nel frattempo ha ricordato due importanti anniversari che la parrocchia celebrerà il prossimo anno. Al termine della serata, l’ingresso del simulacro è stato salutato con particolare commozione dai fedeli che, malgrado l’ora tarda, hanno voluto assistere al suggestivo rito del rientro. La novità di quest’anno è stata l’approvazione del restauro del prezioso Fercolo di probabile fattura settecentesca. La Regione Siciliana, su richiesta del Parroco, se n’è fatto carico. Si attende un ultimo passaggio burocratico prima di dare il via ai lavori. Intanto il consueto Giro si è regolarmente svolto come da programma. L’antico simulacro della Madonna del Carmelo, posto provvisoriamente su un modesto Fercolo messo a disposizione dalla Parrocchia di San Paolo di Gravina, tra il frastuono dei fuochi pirotecnici e le note della Banda musicale “Virgillito” ha percorso le vie illuminate del quartiere. Nel corso della serata, due momenti hanno caratterizzato la processione: il consueto omaggio floreale da parte dei Vigili del Fuoco alla statua carmelitana posta nella sommità della chiesa, e la spettacolare rappresentazione della “discesa dello Spirito Santo” giunta quest’anno alla ventiduesima edizione. Quest’ultimo rito che si è svolto solennemente al largo Catanzaro(Due Obelischi), è un omaggio alla Madonna da parte dei devoti del comune di Sant’Agata li Battiati.
Catania 23.07.’24
La foto in Bianco e nero è stata realizzata dall’artista Valentina Brancaforte
MANGIARE ALLA CATANESE
- Dettagli
- Categoria: Gastronomia
- Scritto da Santo Privitera
“‘M’abbuffai! ”, un’espressione tutta catanese che esprime puro godimento dopo un pranzo gradevole e abbondante. Di solito, quando ci si siede a tavola, è buona regola alzarsi con un po' di “languorino” nello stomaco; questo per evitare spiacevoli conseguenze gastriche. Lo consigliano anche i medici. “‘U supecchiu ‘è comu ‘u mancanti”, e questo vale anche per chi ama la buona cucina. Soprattutto in prossimità dell’estate, osservare un’attenta dieta fa sicuramente bene alla salute. Il caldo spesso gioca brutti scherzi. In questo periodo, dalle nostre parti va di moda il pesce. Si va nelle località marinare per gustarlo fresco. L’aria marina stuzzica l’appetito. Per prima cosa, al ristorante o in trattoria si ordina un antipasto ricco di frutti di mare. C’è l’imbarazzo della scelta. Ricci, vongole, cozze nere, insalata di mare comprendente polipi, gamberetti, seppioline e altro. Attenzione alle cozze nere: sono talmente gustose ca “non si ponnu livari ‘da ucca”. Come le ciliegie, “l’una tira l’altra”. Mangiarle crude però è un rischio. Qualcuno dice addirittura che crude sono “gustose da morire”; un modo ironico per consigliarne la cottura. Lesse o impanate è meglio. La spremuta di limone che secondo le tradizioni gastronomiche nostrane servirebbe a “bonificare” il mollusco da possibili virus dannosi alla salute, servirebbe a poco. Una vera goduria assaggiare anche “fasolari” e “ostriche”. Una volta estratti dalla conchiglia, a differenza delle cozze nere è possibile gustarli crudi e senza limone. “Glupp!…” è il tipico suono onomatopeico che ne consegue. In materia di frutti di mare, ricordiamo come alcune varietà siano quasi del tutto sparite dal nostro mare. Tra queste, “ ‘U mauru”. La gustosissima erba tenera e polposa, un tempo era la regina dei palati. Fino agli anni ’80, soprattutto nella zona di ognina, i venditori ambulanti la vendevano dentro i sacchi di iuta con i bordi arrotolati. A fare da contorno, le immancabili fette di limone. Il sale era nelle bustine a parte. Andavano in giro trasportandolo nella parte retrostante di un mezzo a due ruote o su di un carrettino. Si preferiva consumarlo sul posto. Alla “vanniata” del venditore” “‘u mauru aju…”, “aju mauru friscu…”, la gente accorreva. Si formavano “capannelli” in attesa di acquistarlo. “ ‘Na cattata”, ovvero un cono di carta paglia, costava meno di cento lire. La priorità spettava alle signore, soprattutto quelle in “stato interessante”. “Tinissi cca”-si affrettava a raccomandare l’ambulante-“non ci facissi ‘u risiu…”. ‘U mauru introdotto nel cavo orale, debordava dalle labbra. Spariva lentamente mentre veniva degludito. La sensazione era quella di assistere a un curioso ruminare…umano. In sottofondo una voce: “Mi staju arricriannu!…” Sempre più rari anche gli “occhi di bue”. Serviti prevalentemente cotti. Appena estratto lo spicchio, la conchiglia resta pulita e traslucida al suo interno. Quasi un “peccato” buttarla nel cestino dell’ immondizia. L’unico inconveniente è sempre stato il prezzo. Un chilogrammo costa un “occhio della testa”. Intanto sembra paradossale ma in un’epoca in cui l’attenzione alla forma fisica è diventata un’ossessione, pare che i casi di obesità siano in aumento. Tutto ciò, malgrado il business dei centri estetici, delle palestre, dei prodotti dietetici. La nostra “dieta mediterranea” sembra essere stata soppiantata dai cosiddetti “cibi spazzatura”, ovvero quei cibi ad alta concentrazione calorica. Peggio se si consumano frettolosamente. La cosiddetta cultura “mordi e fuggi” avanza provocando notevoli danni al corpo umano. I ritmi di vita sono drasticamente cambiati. A tavola non si osservano più quelle regole tradizionali che imponevano innanzitutto tempi congrui di permanenza. Si mangiava, si beveva e dopo la frutta si sostava per una buona chiacchierata in famiglia. Una scorretta alimentazione, provoca disturbi digestivi oltre che malattie croniche come il diabete, ipertensione e colesterolo. Il reflusso gastrico-intestinale ormai è una malattia diffusissima. Nella vita di tutti i giorni, quello che manca è pure una “sana” passeggiata a piedi come si faceva una volta. Il sistema della mobilità oggi annovera tra le novità il “monopattino”. Questo strumento, per quanto comodo, ha tolto la voglia di effettuare tragitti più o meno lunghi a piedi. Si usa anche per effettuare poche decine di metri di distanza. C’è però chi ancora crede nel mantenimento “fai da te” del proprio corpo. Per questo sono utili anche le piste ciclabili. Vi sono persone che all’alba si alzano dal letto per farsi una bella “corsetta” nelle zone collinari oppure costiere. Al lungo mare di Acicastello se ne incontrano tante. Ecco perché questa località ha assunto un nuovo toponimo popolare: “ ‘a strata de’ maratoneta”.
Catania 29.06.2024
Nella foto, un piattino di “Mauru”