Recensione libri

ROSETTA DI BELLA: "NEL FRULLO DI UNA PIUMA"

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Ci sono voluti anni di militanza poetica, centinaia di liriche sparse tra antologie e riviste, prima che la silloge “Nel frullo di una piuma”( Etabeta ed.) venisse alla luce. L’autrice, Rosetta Di Bella, ha raccolto parte della sua produzione poetica per darla alle stampe quasi alla fine della sua esistenza. Sarebbe scomparsa prematuramente poco dopo, senza avere avuto il tempo di assistere alla presentazione della sua unica creatura. Nei suoi versi teneri e quasi riservati, c’è però tanta voglia di vita. “La poesia di Rosetta Di Bella”-scrive il poeta Ninni Magrì autore della prefazione-“è innanzitutto una poesia introspettiva”. Come non dargli ragione? Nelle settantotto liriche contenute in questo lavoro, c’è tutto il suo mondo interiore: la sua anima, il suo carattere, i suoi dubbi, i suoi tormenti, la sua solitudine. Sì, una solitudine abilmente celata dal contagioso sorriso che illuminava il suo volto: (…) Detestabile notte/ancora mi cogliesti/come un tempo sola,/infinitamente sola.(Detestabile notte). Leggere gli autori della letteratura italiana e soprattutto le opere dei poeti, lo considerava un esercizio per dialogare intimamente con loro. La delicatezza dei suoi componimenti è già racchiusa nel titolo. “Nel frullo di una piuma” contiene liriche delicate ed espressive, dove in chiaroscuro traspare il fluire del tempo vissuto intensamente nella culla dei ricordi. Sono poesie  scorrevoli, libere dalla metrica tradizionale; sgorgano con naturalezza senza essere costruite. Anche se in alcuni di esse si avverte un tono classicheggiante, le tematiche sono moderne: “Guarda le nuvole/ nessuno le trattiene./Al soffio del vento/incuranti/scavalcano confini.(Senza confini).

 

Catania 13.03.2023                                                                                                                              

Nella foto, la copertina della silloge.

COVID 19 "VIA BOLZANO 36", Raccolta di versi e pensieri di Gisella Messina

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“Via Bolzano,36”(Algra editore) di Gisa Messina, è un libro scritto durante il covid 19.Non un diario, ma uno Zibaldone che raccoglie versi liberi, pensieri e racconti brevi sul triste periodo del lockdown. Si può dire molto usando poche parole; è il caso di questo lavoro sintetico ma concentrato sulla tematica e sui suoi effetti. Non c’è né un prima né un dopo; solo una riflessione minuziosa intesa a rievocare momenti vissuti in quei giorni. “C’è stato chi”-afferma Maria Grazia Distefano che ha prefato l’opera-“riscoprendo passioni trascurate o dimenticate, si è inventato un micromondo casalingo”. L’autrice catanese, docente di lettere presso l’istituto comprensivo di Colleferro, in provincia di Roma, coltiva da sempre uno sguardo attento, malinconico ed emozionato verso l’umanità. La scrittura plastica, iconografica ed espressiva, svela il suo personalissimo modo intimistico di vedere le cose. Nelle cinque sezioni in cui l’opera è suddivisa (Pandemiche poesie, Fotografie di vita vissuta, Via Bolzano 36, Pensieri e Poesie), la speranza, il senso della rinascita e la voglia dì normalità emergono dopo un primo momento di smarrimento. Il cammino però è tortuoso; per uscire dal tunnel della noia, dal tedio ripetitivo quotidiano, spesso si va con la memoria a ritroso nel tempo. I social hanno certo rivestito un ruolo molto importante, ma non è bastato. Lo sguardo indagatore di Gisa Messina ha l’occhio lungo e penetrante; si addentra nei meandri dell’anima dei personaggi protagonisti. Tra quelle pagine di verace prosa, la poesia ha funzione catartica. Via Bolzano è una strada di Cologno monzese, a Milano. Gli enormi palazzoni che la popolano, sono caratterizzati da lunghissime ringhiere simili a pesanti catene. La foto di copertina realizzata dal pittore Narducci, ne rivela perfino i dettagli. All’interno di quegli appartamenti, la forzata reclusione costringe gli abitanti a vivere condizioni psicologiche anomale e stressanti. Le contraddizioni esplodono, mettendo a nudo verità che in tempi “normali” sarebbero rimaste nascoste. Ognuno è chiamato a fare i conti con sé stesso prima che con gli altri. “Le lunghe giornate”-conclude la scrittrice- “ci hanno fatto guardare dentro, dandoci però l’opportunità di scoprire le cose in modo diverso; quantomeno di vederle meno superficialmente”.

Nella foto, La copertina.

Pubblicato su La Sicilia, il 3.11.2022

 

 

ANGELI SENZA ALI, Racconto di Adriana La Terra

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Dal titolo, ma anche dalla copertina, sembrerebbe un racconto per bambini; invece si presta bene anche per una lettura a più ampio raggio. È del libro “Angeli senza ali”(Lupi editori) che stiamo parlando. Un lavoro pubblicato recentemente da Adriana La Terra. La scrittrice catanese conferma la sua vocazione a scrivere per l’infanzia, ma allo stesso tempo si rivolge anche ai più grandicelli. Non una semplice fiaba; possiamo considerare questo scritto un “Romanzo pedagogico”. La leggerezza della narrazione, la profondità del pensiero unito alla semplicità della scrittura, in questo caso sono punti di riferimento essenziali per un insegnamento di vita efficace. La scrittrice lo fa di proposito, perché l’obiettivo primario è proprio l’educazione nelle sue multiformi sfaccettature. Il rispetto per gli altri, per la natura, per chi ha più di bisogno. Il libro è dedicato alla famiglia tradizionale(la radice), all’antico “Focolare domestico” e allo speciale rapporto che i nonni spesso intrattengono con i nipoti. Vale tanto per gli uomini quanto per gli animali. E proprio gli animali ne sono i protagonisti. Tutti i valori che nel mondo moderno d’oggi appaiono sempre più in lontani, nell’ambito della famiglia “Orsoni” invece assumono una certa rilevanza: quasi una sacralità. La trama è molto accattivante. Lupi, lucertole, volpi, cinghiali, sono i protagonisti della storia. Nella loro società o, meglio, nel loro habitat, ciascuno è chiamato ad interpretare il ruolo che gli compete a seconda del proprio carattere. C’è Lupignolo il bulletto; La simpatica Birillina, lucertolona dalla doppia coda; La zia Lillina, provetta cuoca rimasta single per scelta dopo una cocente delusione d’amore; Pomponio volpetti musicista indigente, disposto a vendere il proprio mandolino per pagare la gita al nipotino. Nonno Vannino, il saggio capostipite, insegna al proprio nipote Bruno i primi rudimenti di vita; lo segue e lo asseconda. “I grandi della terra”-sentenzia l’anziano orso-“sono le persone semplici che lavorano ogni giorno compiendo il proprio dovere in silenzio e con umiltà”. Le giuste parole perché il cucciolo impari bene a camminare a testa alta e ben dritto con le proprie “zampe”.

 

Nella foto, la copertina

Pubblicato su La Sicilia del 3.12.2022

"GIOVIALE IL MAGO DEL MANDOLINO" Di Torquato Tricomi e Salvo Carcò.

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“ Gioviale il mago del mandolino” è la monografia che mancava sulla figura umana e artistica di questo straordinario musicista e poli-strumentista catanese vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900. L’hanno realizzata due musicisti di lungo corso: Torquato Tricomi e Salvatore Carcò, studiosi anche di tradizioni popolari siciliane. Un libro di appena sessanta pagine; denso di notizie, foto e spartiti musicali, corredato da una appendice finale comprendente l’elenco della discografia americana del mandolinista più apprezzato del suo tempo. Nelle due lunghe note contenute nel libro, Carcò scrive del rapporto tra Gioviale e la musica del suo tempo; Tricomi, invece, della biografia. Una vita frenetica, quella vissuta dal mandolinista catanese; ricca di aneddoti legati alla sua vasta attività professionale e alle sue frequentazioni con direttori di orchestra del calibro di Pietro Mascagni e Arturo Toscanini. Rispetto alla popolarità di Giovanni Gioviale, poco o nulla era stato fatto prima sul piano della personalità e della tecnica di esecuzione da egli adottata”. Per collocare il musicista nella giusta prospettiva storica che gli compete, gli autori hanno potuto attingere dalle poche fonti esistenti. Molto, invece, dalla testimonianza diretta di alcuni familiari. Gioviale fu un vero portento musicale. Un “mito” per i suoi tantissimi estimatori. Abile e raffinato, seppe coniugare il genere classico con quello popolare. La sua avventura musicale cominciò all’età di 10 anni in una piccola sala da barba di v.Plebiscito. Conseguito il diploma in quella grande fucina di talenti che fu il Convitto di V.Crociferi, gli venne assegnato il ruolo di primo violino del Teatro massimo Bellini di Catania. Suonò abilmente il banjo e la chitarra, ma eccelse soprattutto nell’arte mandolinistica. A seguito dei suoi funambolici virtuosismi, venne ribattezzato il “Paganini del Mandolino”. Dotato di “orecchio assoluto”, riusciva a comporre di getto e in pochissimo tempo. Oltre duecento le sue opere, quasi tutte ballabili. Valzer, polke e mazurche, eseguite dall’orchestra a plettro da egli stesso diretta durante feste private o pubblici eventi. Oltre cinquanta le incisioni su 78 giri per la BMG a New York dove soggiornò dal 1926 al 1929 prima di ritornare definitivamente nella sua città. Di tutta questa produzione, in giro non c’è più nulla; tutto è rimasto nelle mani dei collezionisti che ne custodiscono gelosamente dischi e registrazioni.

Nella foto, La copertina.

Pubblicato su La sicilia dell'8.08.2022

 

LA RECENSIONE: NAPOLI...NOBEL..ISSIMA Di Raffaele Pisani

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Napoli, una città virtuosa. Traffico quasi assente. Quei pochi mezzi che circolano, lo fanno ordinatamente. Ossequiosi delle regole stradali, gli automobilisti rispettano i semafori e i pedoni che attraversano sulle strisce pedonali. I monumenti curatissimi così come le piante della villa comunale. Strade pulite e salubrità dell’aria esaltano ciò che di bello la natura ha donato a questa città. Perfino la gente si mostra gentile: generosa alla minima richiesta di aiuto e disponibile con tutti. Ciascuno ama il proprio lavoro senza nulla a pretendere. Una Napoli così, solo nelle fiabe. Infatti è di una fiaba che stiamo parlando. “Napoli Nobel…issima” edito da Grimaldi&C.Editori, è il titolo del libro pubblicato da Raffaele Pisani. Napoletano D.O.C, Pisani è un poeta che vive a Catania già da diverso tempo. E’ noto per avere pubblicato una quindicina di sillogi quasi tutte in dialetto partenopeo. Il suo impegno letterario corre su più binari. Dai temi religiosi, all’amore per la sua compagna Francesca; senza disdegnare la cruda realtà di tutti i giorni e la denunzia sociale. Propone soluzioni concrete, ma è anche capace di volare alto con la fantasia. Al centro dei suoi pensieri, c’è sempre Napoli. “Quella che potrebbe sembrare un’esperienza onirica”-scrive nella prefazione Mauro Giancaspro- è raccontata in modo fiabesco perché, in fondo, una sia pur labile velatura di realizzabilità potrebbe perfino averla”. La “Morale della favola” in effetti ruota attorno al “meccanismo” della speranza. L’espediente finale è geniale. Napoli è afflitta da mille piaghe che sembrano insanabili; il re di Svezia-e siamo alla trama-ne è a conoscenza. La città degna di essere insignita del “Nobel”, deve avvicinarsi il più possibile alla perfezione. Di certo non ne mancano, bisogna cercarla. A seguito della pessima nomea che si trascina da tempo, Napoli non poteva essere tra queste. Per il sovrano, visitarla sarebbe stato inutile. Per uno scherzo del destino, invece, un guasto all’aereo costringe gli emissari a sostare forzatamente per un giorno e una notte proprio nella città partenopea. E qui avviene il “miracolo”.

 

Nella foto, la copertina del libro

Pubblicata su La Sicilia dell'8.09.’21

 

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