Recensione libri
"GIOVIALE IL MAGO DEL MANDOLINO" Di Torquato Tricomi e Salvo Carcò.
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- Creato Mercoledì, 10 Agosto 2022 07:09
- Pubblicato Mercoledì, 10 Agosto 2022 07:09
- Scritto da Santo Privitera
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“ Gioviale il mago del mandolino” è la monografia che mancava sulla figura umana e artistica di questo straordinario musicista e poli-strumentista catanese vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900. L’hanno realizzata due musicisti di lungo corso: Torquato Tricomi e Salvatore Carcò, studiosi anche di tradizioni popolari siciliane. Un libro di appena sessanta pagine; denso di notizie, foto e spartiti musicali, corredato da una appendice finale comprendente l’elenco della discografia americana del mandolinista più apprezzato del suo tempo. Nelle due lunghe note contenute nel libro, Carcò scrive del rapporto tra Gioviale e la musica del suo tempo; Tricomi, invece, della biografia. Una vita frenetica, quella vissuta dal mandolinista catanese; ricca di aneddoti legati alla sua vasta attività professionale e alle sue frequentazioni con direttori di orchestra del calibro di Pietro Mascagni e Arturo Toscanini. Rispetto alla popolarità di Giovanni Gioviale, poco o nulla era stato fatto prima sul piano della personalità e della tecnica di esecuzione da egli adottata”. Per collocare il musicista nella giusta prospettiva storica che gli compete, gli autori hanno potuto attingere dalle poche fonti esistenti. Molto, invece, dalla testimonianza diretta di alcuni familiari. Gioviale fu un vero portento musicale. Un “mito” per i suoi tantissimi estimatori. Abile e raffinato, seppe coniugare il genere classico con quello popolare. La sua avventura musicale cominciò all’età di 10 anni in una piccola sala da barba di v.Plebiscito. Conseguito il diploma in quella grande fucina di talenti che fu il Convitto di V.Crociferi, gli venne assegnato il ruolo di primo violino del Teatro massimo Bellini di Catania. Suonò abilmente il banjo e la chitarra, ma eccelse soprattutto nell’arte mandolinistica. A seguito dei suoi funambolici virtuosismi, venne ribattezzato il “Paganini del Mandolino”. Dotato di “orecchio assoluto”, riusciva a comporre di getto e in pochissimo tempo. Oltre duecento le sue opere, quasi tutte ballabili. Valzer, polke e mazurche, eseguite dall’orchestra a plettro da egli stesso diretta durante feste private o pubblici eventi. Oltre cinquanta le incisioni su 78 giri per la BMG a New York dove soggiornò dal 1926 al 1929 prima di ritornare definitivamente nella sua città. Di tutta questa produzione, in giro non c’è più nulla; tutto è rimasto nelle mani dei collezionisti che ne custodiscono gelosamente dischi e registrazioni.
Nella foto, La copertina.
Pubblicato su La sicilia dell'8.08.2022
LA RECENSIONE: NAPOLI...NOBEL..ISSIMA Di Raffaele Pisani
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- Creato Giovedì, 09 Settembre 2021 18:43
- Pubblicato Giovedì, 09 Settembre 2021 18:43
- Scritto da Santo Privitera
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Napoli, una città virtuosa. Traffico quasi assente. Quei pochi mezzi che circolano, lo fanno ordinatamente. Ossequiosi delle regole stradali, gli automobilisti rispettano i semafori e i pedoni che attraversano sulle strisce pedonali. I monumenti curatissimi così come le piante della villa comunale. Strade pulite e salubrità dell’aria esaltano ciò che di bello la natura ha donato a questa città. Perfino la gente si mostra gentile: generosa alla minima richiesta di aiuto e disponibile con tutti. Ciascuno ama il proprio lavoro senza nulla a pretendere. Una Napoli così, solo nelle fiabe. Infatti è di una fiaba che stiamo parlando. “Napoli Nobel…issima” edito da Grimaldi&C.Editori, è il titolo del libro pubblicato da Raffaele Pisani. Napoletano D.O.C, Pisani è un poeta che vive a Catania già da diverso tempo. E’ noto per avere pubblicato una quindicina di sillogi quasi tutte in dialetto partenopeo. Il suo impegno letterario corre su più binari. Dai temi religiosi, all’amore per la sua compagna Francesca; senza disdegnare la cruda realtà di tutti i giorni e la denunzia sociale. Propone soluzioni concrete, ma è anche capace di volare alto con la fantasia. Al centro dei suoi pensieri, c’è sempre Napoli. “Quella che potrebbe sembrare un’esperienza onirica”-scrive nella prefazione Mauro Giancaspro- è raccontata in modo fiabesco perché, in fondo, una sia pur labile velatura di realizzabilità potrebbe perfino averla”. La “Morale della favola” in effetti ruota attorno al “meccanismo” della speranza. L’espediente finale è geniale. Napoli è afflitta da mille piaghe che sembrano insanabili; il re di Svezia-e siamo alla trama-ne è a conoscenza. La città degna di essere insignita del “Nobel”, deve avvicinarsi il più possibile alla perfezione. Di certo non ne mancano, bisogna cercarla. A seguito della pessima nomea che si trascina da tempo, Napoli non poteva essere tra queste. Per il sovrano, visitarla sarebbe stato inutile. Per uno scherzo del destino, invece, un guasto all’aereo costringe gli emissari a sostare forzatamente per un giorno e una notte proprio nella città partenopea. E qui avviene il “miracolo”.
Nella foto, la copertina del libro
Pubblicata su La Sicilia dell'8.09.’21
LA RECENSIONE: "IO UN ALTRO" Silloge di Luccio Privitera
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- Creato Domenica, 27 Giugno 2021 06:23
- Pubblicato Domenica, 27 Giugno 2021 06:23
- Scritto da Rosalda Schillaci
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Fin dalla dedica Luccio Privitera, autore della silloge Io, un altro – Edigraf, rivela un animo sensibilissimo: A mio padre Isidoro, a mio figlio Isidoro […] L’uno lo specchio della mia vita, l’immagine di ciò che rimane, la religione del lavoro del ceppo della mia generazione; l’altro il riflesso del bene che desidero, del buon esempio, della giusta valutazione delle cose per fare migliore il Mondo di domani, anche quando la mia presenza umana rimarrà in Lui soltanto come proiezione memorabile di me padre […]
Affiora tutta la bellezza degli affetti cari, in quest’uomo nato il 24 novembre del 1948. Laureatosi giovanissimo in Giurisprudenza, ha sentito presto nella sua mente brulicare la Poesia.
Sono 49 le poesie contenute in questo libro pubblicato nel lontano 1976 e di cui sono venuta in possesso grazie alla generosità dell’autore. È riservato, timido, curioso e amante dell’arte Luccio Privitera, sposato con la pittrice inglese Linda Higginson. Circondato dall’amore e dai dipinti s’immerge nei colori, nelle note e nei versi. Li cesella senza inutili voli pindarici, convincendoci che la Poesia ha le sue radici principali nella realtà, nella verità, su cui fantasia, invenzione, sogno, trasporto musicale e pittorico, compiacenza sentimentale ed esaltazione memoriale, senso del mito e profezia, invocazione e preghiera, disperazione e bestemmia, s’inceppano e si abbarbicano, ma senza la cui linfa divengono solamente e miseramente apparenze illusorie di vanità, di debolezza caratteriale, di puerilismo permanente, come spesso abbiamo modo di riscontrare nella produzione corrente delle raccolte liriche anche fra le più pubblicizzate.[…] Così veniamo introdotti al mondo poetico dell’autore, con l’accurata prefazione di Vincenzo Di Maria.
Ma è da subito evidente nel Breve discorso sulla Poesia l’afflato del poeta: La vita del poeta / palpita, io dico, […] Quante volte hai contato le stelle? / Distratto viandante, / ascoltato il suono dei venti, / per te solo colori e suoni, mentre / il poeta ne vive la concreta realtà / e canta, col cuore sulla carta. […]
Ci conduce egli stesso nel viaggio intrapreso sulla rotta ideale/ che non è cielo, né terra/ e non è mare… È Amara Realtà quando vede con i propri occhi il vero inferno sulla terra. Il linguaggio scabro e diretto, quando assiste allo scempio della guerra. E pensa ai deboli, al calvario di madri e piccoli orfani ai bimbi senza giochi, alle ferite dei popoli piegate a tratti d’ombra;/ un finimondo in rapide sequenze/ artiglieria, morti, città falciate/ storia di popoli vilipesa;/ sembra ingenua baldoria / e solo giuochi di bambini/ ma è la guerra/ che tarla, rinnega/ corrode, avvilisce, distrugge/ Vero inferno/ […] Ancora è realtà feroce/ e sta coniugando / in maniera incompleta / il verbo vivere.
Nell’indignazione del poeta che diventa un moto irrefrenabile lo scagliarsi contro falsi araldi/ solo a qualche mendicante di pace, diventa immediatamente un nostro empito dell’anima.
È tanto Luccio Privitera. Nei ricordi e nel rimpianto, riesce a trovare le parole del cuore, semplici ed efficaci e atte a commuoverci. Ed io ricordo (La carcara)
Sospinta a ritroso/l’anima mia s’aggira/ fra i carretti reclini/ sopra la terra d’argilla /impastata con schegge di paglia/ ed urina di mule strapazzate, / nei casotti come presepi di carta/ ora macerati dall’ingratitudine. / Dove nacque mio padre/ resiste solo il colombaio / solo dono superstite / alla ribalta del tempo, / ma lo sguardo non spazia / ed io vi cerco. / Dove siete ora/ Voi che foste dello stesso mio sangue/ vecchie immagini vive in me/ solo qualcosa mi mostra / il segno del vostro passato; / la mia presenza qui. / Poi tutto è diverso; / la campagna sfuocata / nella nebbia senza punte, / l’aria è stagnata e smorta/ e nella melodia incompleta del vento/ non vibra il suono/ delle foglie verdi d’acqua/ solo paesaggio confuso/ del colore d’un frutto già maturo/ e trapassato a terra.
Davvero tanta la bellezza di stile e di sostanza che scuote! Ci avvolge di un’aurea sospesa e visibile a chi ha occhi per vedere, a chi non si lascia indurire dalle mille disillusioni, distrarre da fatui bagliori. Sfocia così, nella vanità essenziale, solo quanto basta: […] a volere raffigurare / qualcuno e qualcosa, / spingete avanti / il carnevale della vita; /restate al margine del mio pensiero perché / l’oblìo di voi non mi prende. / Tante cose rivedo / racchiuse / dentro un calice / di ombre.
Tra luci e ombre, la ricerca di se stessi, gli istanti ispirativi, l’approccio mai superficiale alla vita. Le suggestioni ricercate nei versi, nella voce limpida delle liriche. In essi, viene riportata una conoscenza approdata dai viaggi attraverso l’Europa e l’America del Nord fino al Vietnam, nel tempo in cui il paese è sfregiato dal conflitto bellico. Passioni e speranze trovano terra fertile, fin dal 1963, una peregrinazione senza fine nella declinazione poetica necessaria a fare sentire la sua voce che affronta la problematica civile del tempo, le irrequietezze e i cambiamenti post sessantottini, il primo passo dell’uomo sulla luna. Nascono così: Il massacro di Kappler, Hippies, Orfano del Vietnam, Alla luna, Migrazioni e tante altre. Un costellato esistenziale che mostra un Privitera mai ripiegato su stesso.
Grande, nell’autore, l’amore per quei poeti che legge per creare la sua Poesia. E ancora tanta la produzione letteraria che non ha trovato luce, per quel riserbo pudico mai sconfitto. È per questo che sono felice di essere l’abbrivio per infrangere i confini, delimitati tra lui e una surreale isola nebulosaPur avendo avuto largo seguito, in una cerchia di letterati, mi auguro possa trovare presto spazio in una ristampa lungimirante che dia merito al suo valido talento.
Nella foto, la copertina del libro
LA RECENSIONE "IL SEGRETO DEL MONASTERO" Romanzo di Corrado Tringali
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- Creato Venerdì, 05 Marzo 2021 14:14
- Pubblicato Venerdì, 05 Marzo 2021 14:14
- Scritto da Santo Privitera
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Quella austera facciata mai completata, la grande cupola visibile dai quattro i punti cardinali della città e le strane storie che da secoli aleggiano attorno alla sua maestosa mole, fanno del monumentale tempio di San Nicolò l’Arena e dell’intero complesso monastico benedettino un sito misterioso ancora tutto da scoprire. Dal De Roberto in poi, la letteratura ha spaziato in lungo e in largo dentro quelle mura dense di storia, riservando ai lettori pagine e pagine di rilevante interesse storico-culturale. “Il Segreto del monastero” ( Algra editore) dello scrittore catanese Corrado Tringali è l’ultima opera in ordine di tempo ambientata proprio nella sede, oggi facoltà universitaria, che fino al 1866 fu dei padri Cassinesi. L’autore ha scandagliato minuziosamente ogni angolo del monastero prima di procedere alla stesura del testo. Lo si intuisce dall’attenta descrizione dei luoghi e dalla collocazione spazio-temporale, prima e dopo l’ultimo restauro opera dell’architetto De Carlo, dei suoi personaggi. Così la Biblioteca Ursino Recupero, la preziosa “Sala Vaccarini”, i due chiostri(quello di ponente e quello di levante), nonché i lunghi corridoi dove erano allocate le celle dei monaci, in questo romanzo vengono restituiti all’originale funzione di un tempo. Una patina di mistero li avvolge. Corrado Tringali, attraverso una scrittura fluida in linea con lo stile noir, si addentra abilmente all’interno delle vicende storiche dell’edificio benedettino e dei suoi presunti misteri. Nel frattempo offre una descrizione sintetica ma efficace dei maggiori monumenti della città. La vicenda ruota attorno alla scomparsa misteriosa di un monaco di nobile famiglia catanese avvenuta nel 1775. Il casuale rinvenimento di un antico manoscritto avvenuto ai nostri giorni grazie all’intuito di un giovane borsista restauratore romano inviato a Catania per altre ricerche, riaprono il caso dopo oltre due secoli. L’indagine è ricca di colpi di scena. I due piani epocali finiscono per incrociarsi, dando vita a un fitto intreccio intessuto di suggestioni occulte, visioni oniriche, riti magici, indagini scientifiche e filologiche. Ne restano coinvolti a vario titolo i docenti di alcune facoltà universitarie. L’esito della complessa vicenda giunge a una soluzione inaspettata. Ma intanto il finale è tutto “rosa”. I due protagonisti, il giovane romano e la studentessa catanese che gli faceva da guida, si innamorano.
Nella foto, La copertina del libro
LA RECENSIONE: "CIRIMINACCHI" silloge in lingua siciliana di Grazia Scuderi
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- Creato Martedì, 26 Gennaio 2021 18:16
- Pubblicato Martedì, 26 Gennaio 2021 18:16
- Scritto da Santo
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I ricordi belli o brutti che siano, scandiscono il tempo della nostra vita. A volte ci condizionano senza che ce ne accorgiamo. Anche le più piccole cose minuscole e insignificanti, affiorando alla memoria stendono un ponte invisibile di collegamento tra il mondo interiore e quello esterno. Non conta solo il valore intrinseco o affettivo; sono importanti a prescindere. Così immagini, personaggi e oggetti ritenuti di scarso interesse, si rivestono di nuovi significati. Assumono una luce diversa che prima non mostravano affatto. Ce ne dà un saggio Grazia Scuderi nella silloge in lingua siciliana “Ciriminacchi” per la Collana “Costellazioni” edita da Novecento. “Ciriminacchi”: piccolezze, briciole, appunto. Gabriella Canfarelli nella sua prefazione li definisce “preziosi frammenti memoriali costitutivi un microcosmo di sentimenti.” Non giova la lente di ingrandimento per stabilirne i contenuti: basta osservarli attentamente per cavarne l’essenza nascosta. L’autrice, che nella vita svolge la professione di avvocato, piuttosto che affrontare grandi tematiche o imbarcarsi in voli pindarici che a volte rischiano di far diventare la poesia aerea e troppo dispersiva, preferisce attribuire concretamente alle minuscole cose il loro giusto peso. Versi asciutti, essenziali, i suoi, che raggiungono con immediatezza il bersaglio. Un lavoro di sintesi e condensazione ben riuscito. Nell’economia della vita, “ i Ciriminacchi” non vanno dispersi perché in qualunque momento possono innescare processi introspettivi catartici. Cucirli piuttosto, così da formare un quadro che resta vivo per sempre. “ Taliu ‘stu ciuri/ a bagnu nto bicchieri/ u cugghisti/ ‘n iornu di maggiu/ quannu u to cori cantava/ assemi a mmia./ Fogghia a fogghia / arristau sulu u stelu/ je a fezza/ nto funnu do bicchieri.( Fogghia a fogghia). In un incessante alternarsi di sensazioni, rimpianti e ricordi personali, non mancano proverbi e modi di dire che, opportunamente inseriti nel contesto, ci riportano a quella “oralità familiare” da recuperare. Trentotto liriche in verso libero e in rima baciata, corredate da traduzione in lingua italiana ma caratterizzate da un lessico abbastanza comprensibile anche per chi non ha molta dimestichezza con la parlata siciliana.
Nella foto, la copertina.
Pubblicato su La Sicilia del 25.1.'21