ANTICHI STILISTI CATANESI
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- Categoria: Moda Costume e Società
- Creato Giovedì, 11 Settembre 2025 10:37
- Pubblicato Giovedì, 11 Settembre 2025 10:37
- Scritto da Santo Privitera
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L’Italia ancora scossa per la recente scomparsa del “nostro” Pippo Baudo, a distanza di poco tempo piange la morte di Giorgio Armani. Così come avvenuto per il mondo dello spettacolo, stavolta è l’ ambiente della moda a esserne colpito. Un altro personaggio popolare se ne va. Se aggiungiamo anche la morte del giornalista Emilio Fede, il quadro funereo di questa estate può dirsi completato(si spera). “A picca ‘a picca si nni stànu jennu tutti” si sente dire in giro. Il Made in Italy, con la scomparsa del Re della moda, subisce una perdita enorme. Lo stilista piacentino ex vetrinista de “ La rinascente”, è stato il fondatore di un vero e proprio “impero” economico. Era noto soprattutto per aver imposto uno stile sobrio e innovativo al mondo della moda. E’ dal giorno della sua morte che le testate giornalistiche e dei media ne parlano. Lo faranno almeno fino al giorno del suo funerale. Dopo calerà il silenzio e sarà la storia a parlare per lui. Solo una eventuale coda polemica legata all’enorme lascito patrimoniale potrebbe riaccendere i riflettori sulla sua vita terrena. Ma per adesso, come si direbbe a Catania: “Co’ muttu a mmenzu a casa e ancora supra ‘a terra, si cianci e basta!” Quando si parla del mondo della moda, un riferimento alla nostra città è d’obbligo. Anche in questo affascinante campo si è distinta Catania. Dalla piccola alla grande sartoria, la storia della moda in Europa ma anche oltre oceano ha “parlato” catanese. Non è stato un semplice “balbettio” ma una “voce” autorevole. I nomi di oggi, titolari di Atelier di alta moda sono quelli di Marella Ferrera, di Mariella Gennarino e altri eredi di una tradizione che non conosce pause. Sin dalla giovane età, erano le ragazze a imparare il mestiere della sarta. “Si jeva ‘nta mastra” quantomeno per imparare a cucire un paio di pantaloni per il futuro marito, rammentare calze e magari allestire una gonna da indossare secondo i propri gusti. A ‘fera ‘o luni, ancora oggi si trova ogni tipo di stoffa. Gli “scampoli” erano a buon mercato. Le ragazze ormai signore che avevano imparato a cucire, riuscivano a “vestire” con pochi soldi tutta la propria famiglia. “Chidda àvi l’oru ‘nte manu” era l’apprezzamento più sincero e lusinghiero che si potesse fare. La donna che sapeva cucire era un vero e proprio “investimento” per il marito. Veniva di gran lunga preferito al posto di lavoro in fabbrica o altro. Per l’uomo era diverso. Il mestiere di sarto non era per tutti. Quei pochi uomini che lo praticarono, ebbero però campo libero. Bisognava avere passione e arte. Anche un pizzico di coraggio, perché secondo certi “pregiudizi” la professione del sarto non era “roba per uomini”. E invece, una volta appreso il mestiere, era tuttu “santu e binirittu”. A Catania, a cavallo tra glia anni ’60-’80, i sarti più noti si chiamavano Giuseppe Risicato, Giovanni Isaja, Paolo Filippini, Nello Caponetto, tanto per fare dei nomi. Quest’ultimo spiccò per professionalità e intraprendenza organizzativa. Per tre decenni fu il promotore de “La forbice d’oro”, una accurata selezione regionale per la Sicilia Orientale dedita a premiare i giovani sarti del momento. Il catanese di classe medio-alta, ha sempre preferito “Sfilàri finu” e non si è mai fatto mancare un capo d’abbigliamento “firmato”. Indossare un capo unico fatto su misura, era un chiaro segno di vanità perché non tutti potevano permetterselo. “L’omu capricciusu” e ambiziosetto, affidava volentieri il suo Look al sarto di fiducia. Non badava a spese. Senza parlare di chi per ragioni istituzionali o professionali aveva la necessità di presentarsi con capi di abbigliamento adeguati al ruolo svolto nella società. Fino agli anni ’90 dello scorso secolo fu così. Quando si affermarono gli abiti “confezionati”, cambiarono le abitudini. Immersi sul mercato, invasero lo spazio a scapito della qualità artigianale. Ma come non parlare dello stilista catanese più famoso in ambito internazionale? Si chiamava Angelo Litrico( Catania 1927- Roma 1986). Nato poverissimo e senza cultura, col tempo divenne ambasciatore della moda maschile in tutto il mondo. Una vera eccellenza in questo settore. Estrose le sue creazioni, sempre adatte per ogni circostanza. Conseguì riconoscimenti e titoli onorifici italiani e stranieri. Fu il primo in Italia a firmare un contratto con una grande casa giapponese; ne seguirono altri in quasi tutti i Paesi d’Europa , negli Stati Uniti, nel Sud Africa e in Australia. Fu tra le personalità di spicco della “dolce vita” romana; vestì grandi statisti come John Fitzgerald Kennedy, Nikita Krisciov, Richard Nixion, Giulio Andreotti; attori come Vittorio Gassman, Richard Burton, Gregory Peck. Tra i suoi clienti ebbe anche il cardiochirurgo Christian Barnard. Fu il sarto personale di Gianni Agnelli.
Pubblicato su “La Sicilia” del 7 Settembre 2025