LA SCUOLA MALATA

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Cosa sta succedendo alla scuola italiana? Tempi duri soprattutto per i docenti. Da un lato, l’esigenza di educare con criteri pedagogicamente moderni; dall’altro la necessità di utilizzare una didattica non troppo “invasiva” per gli studenti. Ma allora, come comportarsi? Una via di mezzo sembra non esserci. Solo nuove norme chiare e precise potranno salvare il salvabile. Ormai sono decisamente lontani i tempi delle “punizioni” tipo: “se continui a infastidire, ti metto due sul registro; oppure, a seconda della bravata: “se non mi dite chi è stato metto a tutti cinque in condotta! ” Insomma, è vietata qualsiasi forma di “rigore” sia pure per fini educativi.  Per l’insegnante di turno, è diventato un azzardo perfino mettere un voto basso o scrivere un giudizio che non sia quello voluto dallo studente. In poche parole: oggi è il docente che deve adeguarsi all’alunno e non viceversa. A Catania, questo metodo ha una precisa filosofia: “che carusi  c’ha jiri  co’ ventu ‘i terra”, cioè bisogna assecondarli per non avere dispiaceri. Vi sono pure insegnanti che sprezzanti del proprio ruolo professionale, adottano  il sistema comportamentale del “Càlati juncu ca passa la china” ovvero: fate quello che volete, l’importante è che a fine mese mi arrivi lo stipendio. “Ma comu semu a arriddutti?…” verrebbe da dire. I professori lamentano anche l’ingerenza dei genitori. Difendono a oltranza i propri figli, anche nelle occasioni in cui sono indifendibili. In molti casi, il loro è un modo inconscio di mascherare i propri fallimenti educativi in famiglia. “ Stu prufissuri  âvi ‘a me’ figghiu/a supra ô nasu; cill’ha finiri…ca ma s’annunca ci pensu ju!” Questa espressione dialettale siciliana di origine popolare deriva dal fatto che un oggetto posato sul naso non può mettersi bene a fuoco. Pertanto, per vederlo correttamente  occorre guardarlo di traverso.  Mentre una volta era considerata solo una blanda minaccia, oggi invece si va facilmente per le vie di fatto. Anche perché difficilmente scattano le denunce. Tutto bene o male si accomoda. Come nel recente fatto di cronaca capitato nel Veneto, a Rovigo. Questa volta il reato lo avrebbero commesso gli studenti stessi. Hanno sparato con una pistola ad aria compressa dei pallini di gomma in faccia all’insegnante. La donna è rimasta ferita. Anziché bocciarli in tronco come ragionevolmente ci si aspettava, sono stati promossi col nove in condotta. Già in altre occasioni erano spuntate nelle aule  delle altre scuole italiane le armi da taglio. Anche in questo caso a farne le spese, fortunatamente senza gravi conseguenze, sono stati i docenti. Dal libro cuore alla cronaca nera. Si stava meglio, quando si stava peggio. Dalla riforma Gentile a oggi, è scorsa tanta acqua sotto i ponti. Dalle “bacchettate” di gentiliana memoria alla politica dei “pannicelli caldi,  ci sono di mezzo: la rivoluzione giovanile del ’68 e le successive riforme. Alcune di queste di dubbia efficacia. Così sembrerebbe dagli esiti disastrosi cui stiamo assistendo. Gli usi ed i costumi sono cambiati radicalmente nella scuola. La didattica è diventata oggetto di discussione solo a parole. Anche i non addetti ai lavori adesso si arrogano il diritto di imporre i propri punti di vista anche ideologici. Si disquisisce sui simboli religiosi, sulle problematiche transgender, sulla necessità di alleggerire i compiti per casa o per le vacanze, perdendo di vista la essenzialità dei programmi scolastici e le possibili innovazioni. Con il trascorrere del tempo, l’istituzione scolastica ha perso molte delle sue funzioni didattico-educative. Le regole ci sono ma vengono costantemente disattese in nome di una presunta “democrazia partecipativa” che ha annullato quasi tutti ruoli gerarchici necessari per mantenere un minimo di ordine. Oggi il dirigente scolastico somiglia più un semplice “ burocrate” che a un capo istituto; mentre quella dell’insegnante è diventata la figura professionale alla quale addossare tutte le colpe di una società disagiata. Il sistema scolastico sembra abdicare di giorno in giorno al suo ruolo formativo che invece dovrebbe essere primario. Persino l’antica funzione del bidello è stata stravolta. Da quando è stata trasformata in quella di “collaboratore scolastico”,  la figura del bidello ha perso totalmente il proprio carisma. Egli veniva in quasi in tutti gli istituti scolastici definito “Piè veloce” o “Speedy gonzales”. I ragazzi, facendo il verso del famoso topo supersonico dei fumetti, da dietro il corridoio gli gridavano: “Arriba…Arriba…arribbaaa!!!. Questo perché correva sempre da un’aula all’altra per consegnare nel minor tempo possibile agli insegnanti, le circolari emanate dal direttore didattico. Non solo. Si curava anche della pulizia e dell’igiene, dispensava consigli ai ragazzi e metteva ordine durante i momenti di ricreazione.

 

Nella foto, un'antica aula scolastica

Pubblicato su La Sicilia del 2 luglio 2023

                                                                                                            

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