GIUSEPPE BENEDETTO DUSMET, EROE DI CARITA’

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Il 4 aprile del 1894, dopo una breve malattia si spegneva a Catania il cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet. Era nato a Palermo nel 1818. Fu un giorno di lutto e dolore non solo per Catania, ma anche per una consistente parte delle popolazioni dell’hinterland etneo. A centotrenta anni dalla scomparsa, la sua figura continua a essere  testimonianza storica di concreta carità. Monaco benedettino, fu l’ultimo Abate del monastero di San Nicolò l’Arena. Quando a seguito della soppressione delle corporazioni religiose dovette chiudere dietro di se il pesante portone centrale del monumentale tempio catanese, ebbe ad esclamare: “Questo portone rimarrà chiuso per sempre, i benedettini non vi ritorneranno mai più”. Era il 1866.  Arcivescovo dal 1867,  la porpora cardinalizia gli venne imposta da papa Leone XIII nel 1889. Di fronte a un bisogno di carità o a una richiesta di assistenza, il cardinale Dusmet c’era sempre.  Nei grandi locali della Curia, ammassava materiali e cibi di ogni genere. Il trasporto avveniva mediante un grosso carro cabinato in legno. Era trainato da un solo cavallo da soma. Veniva caricato alle prime luci dell’alba, faceva ritorno al tramonto dopo un lungo giro di consegne. Per fare fronte all’enorme povertà che a quel tempo allignava nelle zone più degradate della città, non esitava a vendere anche gli effetti personali. “Non avendo trovato neanche un lenzuolo nuovo all’interno della sua camera da letto”-rivelò il suo assistente Padre Luigi Taddeo Della Marra-“fummo costretti ad avvolgere la salma in quelli logori che già possedeva.” Un vero campione di umanità, ma anche un severo educatore. Nel corso del suo episcopato fu protagonista di alcuni episodi di assoluta fermezza. Granitico nei suoi principi di fede, impose alle truppe garibaldine che nel 1860 chiesero ospitalità nelle stanze del monastero Benedettino, il massimo ordine e rispetto per il luogo di culto. Cordiale ma piuttosto duro fu il “faccia a faccia” avuto col generale Giuseppe Garibaldi in persona. Altrettanto severo si mostrò allorquando il poeta Mario Rapisardi nel 1877 pubblicò il poema “Il Lucifero”. Senza alcuna esitazione decretò l’immediato rogo dell’opera nella pubblica piazza. Non tollerò il rito delle ‘ntuppatedde(donne mascherate) che durante la festa di Sant’Agata distoglievano gli uomini dalla processione. Lo facevano per puro capriccio. Intorno alla fine dell’’800 ottenne il definitivo divieto “di questo sconcio” dalle autorità preposte all’ordine pubblico.  Insieme alle piccole suore si prodigò per la realizzazione del grande Asilo Sant’Agata. L’albergo costruito nel cuore della città su un terreno donato da una nobile famiglia, avrebbe ospitato persone anziane indigenti. Portando in processione il Velo di Sant’Agata , nel 1886 la lava si arrestò alle porte del paesino di Nicolosi. Compì così quello che la storia ricorda come uno dei più grandi miracoli operati dalla Vergine e Martire catanese. L’anno successivo, una devastante epidemia di colera flagellò l’intera provincia di Catania e parte della Sicilia, Dusmet si prodigò per portare medicine e conforto nelle case degli ammalati. Fece perfino condurre in processione il simulacro della Madonna della Salute per le vie della città.  Anche in questa circostanza la sua fede verso la divina provvidenza non andò delusa. Per i catanesi che non seppero mai pronunciare correttamente il suo cognome (lo chiamavano Sdummit), quell’uomo era “ ‘ U Santu Cardinali”. Il giorno dei suoi funerali, una enorme folla si radunò davanti la cattedrale per dare l’ultimo saluto alla salma esposta nella navata centrale. Le strade adiacenti furono invase sin dal primo mattino da una marea umana che si ingrossò sempre di più col trascorrere delle ore. Lungo la via Etnea sfilarono una dopo l’altra le associazioni religiose e i gonfaloni listati a lutto di tanti Comuni della provincia etnea. Perfino il poeta Cicciu Buccheri Boley, poeta satirico e noto “mangia preti”, ebbe a spendere per lui versi di grande commozione: (…)“Di lu to’ nomu ‘sta Cità si onura,/ pri sta virtù magnanima ca avèvi,/ tuttu lu munnu ti chianci e t’adura!…(In mimoria di lu Cardinali Dusmet “simbulu  di la carità”). Inaugurata dall’allora arcivescovo di Milano Cardinale Schuster , risale al 1935 la statua bronzea( opera di Silvestro Cuffaro) che lo raffigura a grandezza naturale nella centralissima piazza San Francesco. Il monumento realizzato dall’Architetto Raffaele Leone, fregiato nel basamento bombato in cemento armato dallo scultore Mimì Lazzaro, reca il motto ”Fin quando avremo un panettello, lo divideremo col povero”.  Nel 1988 la sua Beatificazione coincise con un momento di rinascita della città. La salma imbalsamata oggi riposa esposta alla venerazione dei fedeli in Cattedrale. 

Nella foto, il card. G.B.Dusmet

Pubblicato su “La Sicilia” il 7 Aprile 2024

                                                                                                                                                                

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