TRADIZIONI SICILIANE: CAPODANNO A TAVOLA
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- Categoria: Moda Costume e Società
- Creato Martedì, 09 Gennaio 2024 20:08
- Pubblicato Martedì, 09 Gennaio 2024 20:08
- Scritto da Santo Privitera
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Tempi duri per chi vuol mantenere la linea. Le feste di Natale, oltre a tutta la simbologia legata al vangelo e alle tradizioni, esaltano pure l’arte culinaria. Chi è di “buona forchetta”, non vede l’ora che arrivino. “Panza mia fatti capanna!” e giù antipasti, insalate, primi e secondi piatti compreso il dolce finale. Di pranzi e cenoni luculliani, si comincia a parlare sin dal mese di novembre. “Doppu li morti, Natali è a li porti” recita un antico proverbio. A tutto si può rinunciare, tranne che ai piaceri della tavola. I peccati di gola?…e quelli, per una volta, possono anche essere perdonati. C’è di peggio. “Natali veni ‘na vota l’annu” per questo ci si prepara adeguatamente. Ma siamo sicuri che tra tutti i riti a rischio di estinzione non vi siano anche quelli legati alla buona cucina? In questi periodi, anche i menù tradizionali corrono il serio pericolo di essere profondamente stravolti. Cotechini, lenticchie, baccalà e tante varietà ittiche, potrebbero rimanere “lettera morta” in qualche antico ricettario. Gli influssi provenienti dalla cucina orientale, hanno una loro precisa responsabilità. Oltre alla tradizione, vi è da salvaguardare i numerosissimi posti di lavoro di questo comparto. Attorno alla gastronomia, gira una fetta consistente del mondo economico imprenditoriale italiano. Non può permettersi il lusso di bloccarsi. Un comparto, quello della gastronomia italiana, che ha sempre primeggiato in ogni angolo della terra. In tempi non sospetti si parlava di “pillole” che un giorno avrebbero potuto sostituire il pasto completo dell’uomo. Oggi non sembra più “fantascienza”. Non ci siamo ancora, ma si è sulla “buona” strada. La carne prodotta in laboratorio, quella che l’attuale governo ha vietato per legge su tutto il territorio, è un segnale ben preciso. E che cavolo! Anche questo? Qui non c’entrano più né preti e né professori, c’entrano i cuochi vegani, vegetariani e crudisti nuovi profeti del desco. Sono ancora pochi, ma ci sono. Operano in diverse parti nel mondo dove possiedono punti di ristoro molto frequentati. Predicano una alimentazione più sana e più etica di quella tradizionale. Vogliono cambiare la filosofia del consumo alimentare. Sempre alla ricerca di ingredienti biologici e selettivi; oltre al nutrimento fisico puntano anche a quello energetico per rafforzare anima e psiche. Tutto deve essere misurato. Secondo la loro teoria: “chi mangia molto è destinato ad ammalarsi prima”. “Ni volunu fari moriri ‘i fami vah! ” si dice senza mezzi termini a Catania. Questi “intellettuali” della culinaria, ricercatori sempre “sul campo”, hanno già prodotto una notevole quantità di ricette. Una di queste consiste nella preparazione di alimenti senza ricorrere alla cottura, o meglio: utilizzando tecniche che comportano procedure di essiccazione e marinatura tali che: se da un lato non presentano alcuna sofisticazione, dall’altro impoveriscono il cibo sotto l’aspetto nutrizionale. E questa sarebbe la nuova “Scienza del crudismo?”. Se tornassero in vita le nostre nonne, si arrabbierebbero sul serio. Intanto questo settore è sempre più in continua espansione. Agli chef “obiettori di coscienza” del secolo 2000, quale altra definizione possiamo dargli? Si muovono “nel rispetto degli animali”. Per questo hanno abolito pesce e carne dalle loro mense. “Perché mangiare cadaveri? ”sostengono. Per quanto nobile e condivisibile possa essere questo principio, la bistecca ai ferri è sempre la preferita. Arrostita alla brace, c’è da leccarsi i baffi. Pensate se al posto della salsiccia vi fossero degli involtini ripiene di ortaggi frullati o di “estratti”... Intanto, anguille e capitoni sono quasi spariti dalle tavole. Un tempo questo prodotto ittico della famiglia dei leptocefali abbondavano nel periodo natalizio. Dalle nostre parti, si pescavano nel nostro fiume Simeto. I pescatori le mettevano a bella mostra lungo lo “stradale primo sole” in attesa che qualche automobilista si fermasse per comperarle. Alla pescheria, nei pressi della gradinata posta alle spalle dell’ “Acqua ‘o linzolu”, c’è una botola dove è possibile pescare delle grosse anguille. Chi conosce il “trucchetto” lo fa durante le ore pomeridiane. Il consumo del capitone e dell’anguilla a Capodanno, ha un preciso rituale da Napoli in giù. Essendo la loro forma assai simile a quella del serpente( il nome latino anguis vuol dire serpente), mangiarle è come volere annullare il male che la mitologia attribuisce a questo rettile. Già Virgilio e Seneca parlarono di strani riti propiziatori con i serpenti che venivano tagliati e fatti a pezzi per ingraziarsi la benevolenza degli dei. Così oggi. L’anguilla viene tagliata a pezzi e messa a bollire. Non per ingraziarsi gli dei, ma per deliziare il palato dei commensali. Buon Anno.
Pubblicato su "La Sicilia" del 31.12.2023