ALLUVIONI A CATANIA

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 “ ‘U bon tempu e malu tempu non dura tuttu ‘ntempu” si dice a Catania. Un detto molto comune;  indica una condizione di vita destinata nel bene o nel male a cambiare. Il sostantivo “Tempu”, dalle nostre parti possiede diversi significati: lo scorrere della vita oppure momenti frammezzati. “ Staju arrivannu…’u tempu di farimi ‘a vavva”. Ognuno ha modo di declinarlo come vuole, a seconda delle circostanze. Cu avi tempu n’aspittassi tempu/pricchì tanti voti lu tempu si vota a malu tempu/ e pp’aviri pessu tempu/ non c’è cchiù tempu”; sono alcuni versi di una ottocentesca lirica dialettale del poeta patriota palermitano Salvatore Adefio. Oggi invece torna di gran moda declinare Il “tempu” in senso atmosferico. Ma chi tempu sta facennu!!? Semu a Maggiu e pari ca sta trasènnu ‘u ‘mmennu! ”.  Proprio in questi giorni è stato dato l’annuncio della cessazione del fortunato programma televisivo “Che tempo fa…”. Il conduttore Fabio Fazio ha annunciato l’addio alla Rai.  La notizia ha destato tanto scalpore, l’impatto mediatico di questa controversa vicenda si è fermato però di fronte al grande alluvione che nei giorni scorsi ha sconvolto l’Emilia Romagna. Questo sì che è un grave disastro. Si contano i morti, mentre gli ingenti danni stanno attualmente causando gravi disagi alle popolazioni colpite. Il problema del clima è finito ancora una volta nell’occhio del ciclone. Ad essere messo sotto accusa è il presunto cambiamento climatico. Gli stessi scienziati non sono concordi. Per alcuni di loro è colpa dell’uomo e dell’eccessiva emissione di ossido di carbonio nell’atmosfera; per altri, invece, questi fenomeni climatici hanno avuto nei secoli sempre un andamento ciclico. Fatto sta che tra i giovani comincia a serpeggiare una certa psicosi. Partono dal nord Europa i movimenti dell’energia pulita. Secondo il loro giudizio, le abitudini dovrebbero cambiare radicalmente. Vietato parlare di nucleare. Le fonti rinnovabili sono il loro “Totem”. Un mantra. Quasi un nuovo “verbum” per il futuro. Così facendo, perfino Mosè con i suoi dieci Comandamenti rischia lo sfratto dalla storia. I ragazzi della cosiddetta “ultima generazione” stanno mettendo in atto proteste clamorose. Dal momento che queste sono condotte col proposito di arrecare danni ai monumenti e disagi all’ordine pubblico, pare siano destinate a fallire. Alzando gli occhi al cielo o scrutando gli orizzonti, c’è chi ancora riesce empiricamente a comprendere il meteo dei giorni successivi. Non sono i colonnelli delle TV, ma agricoltori e pescatori che sfruttano la propria esperienza acquisita in tanti anni di duro lavoro. Se la loro non è una scienza esatta, poco ci manca. Sono gli stessi che continuano ancora a sostenere ca “Munnu ha statu e munnu è”. Ovvero che nel mondo non è mai cambiato nulla. Una filosofia di vita che in un certo senso trova conforto anche nelle statistiche. Per ciò che riguarda il clima, di alluvioni disastrosi nel mondo sono piene le cronache. Cambia il termine, ma non la sostanza. Quelli che una volta erano conosciuti come Temporali di forte intensità, nubifragi, violente precipitazioni, oggi sono “Bombe d’acqua”. Tutte le volte che questi fenomeni fanno la loro comparsa, si registrano danni e lutti. Appena due anni fa, a Gravina di Catania, la forte pioggia ha causato un morto. A ritroso nel tempo, ricordiamo il violento acquazzone che il 9 maggio del ’54  flagellò per parecchi giorni la nostra città.  Ai primi anni ’60 risale la devastazione di una ancora giovane “Zona industriale”. Una tromba d’aria si abbattè in quell’area. I danni alle strutture e ai macchinari furono ingenti. Ma fu il 1951 l’anno “orribilis” per il maltempo. Calabria, Sicilia e Sardegna furono le più colpite. Causò parecchie vittime. Il  mese di settembre di quell’anno si rivelò sin da subito straordinariamente piovoso. Una violenta mareggiata  devastò gran parte della costa jonica. Il Simeto straripò allagando i terreni agricoli circostanti. La situazione peggiorò nel mese successivo. In tre giorni cadde il doppio della pioggia media annua. Due uomini annegarono nel porto di Catania. Molte le abitazioni danneggiate dal forte vento. Il disastro peggiore riguardò un edificio sito nell’attuale crocevia G.Leopardi-V.le. V. Veneto( oggi l’area è occupata da moderna costruzione). L’intera ala di una palazzina collassò. Morirono sotto le macerie 19 persone. L’allora sindaco Gallo Poggi, provò subito a fronteggiare l’emergenza abitativa. Parecchie famiglie erano rimaste senza una casa. Il problema venne risolto l’anno successivo, allorquando agli sfollati vennero assegnate 15 palazzine del Villaggio Santa Maria Goretti appena inaugurato.

 

Pubblicato su La Sicilia del 21.05.2023

La foto della palazzina crollata durante l'alluvione del 1951 a Catania(tratta da LiveUniCT).