MONTE SAN PAOLILLO ( 'A LICATìA)
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- Category: Storia e tradizioni popolari
- Created on Sunday, 24 October 2021 15:25
- Published on Sunday, 24 October 2021 15:25
- Written by Santo Privitera
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La Licatia è quella Timpa che si affaccia al confine tra i quartieri cittadini di Barriera e Canalicchio. Il suo vero toponimo in realtà è “Monte San Paolillo”. Geograficamente separa Catania dai paesini limitrofi. Un costolone che partendo da Nizzeti( Tremestieri Etneo), da est a ovest attraversa i comuni di Sant’Agata li Battiati e Gravina di Catania per finire nella zone di via Santa Sofia. La sua imponenza-si diceva anticamente- era tale da influenzare profondamente il clima a nord della città. Da quelle alture, Catania sembra cogliersi a piene mani. Il panorama che appare è spettacolare. Purtroppo è stato devastato dai numerosi insediamenti urbani avvenuti nel tempo; insediamenti che hanno “spezzettato” in più parti un territorio omogeneo ricco di una possente e rigogliosa flora mediterranea. Lo scempio naturalistico che è stato fatto, è ancora più doloroso se consideriamo la rarità di alcune specie di piante e animali oggi in massima parte estinte. Il quartiere “San Paolo”, a Gravina di Catania, tra gli anni ’60 e ’80 dello scorso secolo, venne interamente costruito su questo suggestivo sito sovrastante il primo tratto della Catania-Etna inaugurato nel 1835 del sovrintendente Borbonico Manganelli in persona. L’avvenimento è oggi testimoniato dalla presenza dei due Obelischi fatti costruire appositamente per evidenziare l’inizio di questa strada. I due monumenti, compresa la coeva “Bbiviratura” nata per preparare i cavalli alla lunga salita verso i paesini etnei, oggi si presentano in condizioni pietose. Come tutte le cose di questo mondo, più passa il tempo e peggio sarà. Nessuno dei tre comuni a cui appartengono: Catania, Gravina e Sant’Agata li Battiati, ha intrapreso mai iniziative per il loro restauro. La zona Nord, grazie alla sua posizione considerata “strategica”, in passato è stata teatro di scontri bellici che possiamo definire “Epici”. A partire dalla disperata resistenza opposta dai patrioti catanesi durante la rivolta anti-borbonica del 1849. Arroccati nella ormai scomparsa “Casina Bonelli”(in territorio di Sant’Agata li Battiati), resistettero eroicamente agli assalti delle potenti truppe comandate dal generale borbonico Filangieri di Sartriano. Inflisse loro notevoli perdite prima di capitolare. Anche durante la seconda guerra mondiale. Barriera-Canalicchio costituì l’ultimo baluardo dei nazi-fascisti prima di battere in ritirata verso Messina. Anche in questo caso, le truppe inglesi vennero messe a dura prova. Tornando indietro nel tempo, il vero capolavoro in quest’area lo realizzarono nel XVII sec. I benedettini. “ I monaci Cassinesi”- sosteneva il compianto storico catanese e profondo conoscitore del fenomeno benedettino etneo Antonello Garmanà Di Stefano- “le studiavano tutte pur di stare bene loro e arrecare qualche beneficio alla città”. Potevano permetterselo visto che tra le proprie fila annoveravano il fior fiore della “eccellenza professionale” siciliana. Architetti, ingegneri, medici, botanici, appartenevano in massima parte ai cosiddetti rami cadetti delle famiglie nobiliari, coloro cioè destinati a indossare il saio monacale. Possedevano perciò una disponibilità finanziaria notevolissima, frutto di lasciti ereditari messi a disposizione della loro comunità monastica. I risultati sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Chiese, monasteri e monumentali strutture che hanno lasciato il segno. Così fu per l’acquedotto della Licatia, i cui resti sono ancora visibili nella parte alta dell’omonima arteria stradale. In quella amena contrada, l’Abate Mauro Caprara, nel 1649 aveva fatto costruire un piccolo monastero destinato alla residenza estiva per gli anziani confrati. Il sottostante fiume Lòngane e la forte pendenza, consigliarono di costruire un acquedotto che, oltre servire i possedimenti benedettini nel centro città, soddisfacesse le esigenze di una parte della popolazione catanese. Un’opera ingegnosa simile a quella romana situata a Santa Maria di Licodia, capace di resistere ai terremoti ma non alla mano dell’uomo. La legge del 1866 che determinò l’esproprio del beni della chiesa su tutto il territorio della novella patria, consegnò questi beni allo Stato che a sua volta li rivendette in gran parte ai privati. Così la residenza benedettina della Licatìa venne acquistata dalla facoltosa famiglia Papale che la restaurò adattandola a “Castello”. Aggiunse i due torrioni e l’aquila che sembra volere dominare la sottostante Timpa. Le acque del fiume sotterraneo che affiora in alcune parti, in passato hanno ispirato progetti mai realizzati. Il primo, molto suggestivo, nei primi anni ’90 dello scorso secolo prevedeva la sistemazione dell’area e la riemersione del fiume ai fini di renderlo navigabile. Il secondo, consisteva nella captazione delle acque per scopi irrigui. Destinatario il Parco Gioeni.
Nella foto, un angolo della Timpa della Licatìa
Pubblicato su La Sicilia del 17.10.'21