lLE STATUE ACEFALE DEI BORBONI A CATANIA

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Catania pare non avere mai avuto un buon rapporto con le statue degli uomini illustri. I mezzi busti presenti nell’omonimo viale della Villa Bellini, non sempre rendono “onore al merito”. Collocate all’interno di un luogo scarsamente custodito, sono sempre stati oggetto di atti vandalici e di incuria. Anche oggi purtroppo è così. Nasi rotti, scritte ingiuriose ed escrementi dei volatili li hanno resi irriconoscibili. Non è affatto edificante. Mentre nelle maggiori piazze di altre città spiccano monumentali figure del luogo, dalle nostre parti altre celebrità sono in “bella evidenza”: La statua al Re Umberto I ( ‘U Re a cavaddu) e quella a Giuseppe Garibaldi ( ‘a statula panzuta) in primis. In compenso abbiamo i monumenti dedicati a G.Benedetto Dusmet e Vincenzo Bellini. Ai personaggi di rilievo, furono preferiti colonne, obelischi, cippi commemorativi, putti, ninfe e soprattutto, fontane. Tante fontane; alcune delle quali lasciate per lungo tempo all’asciutto. La celeberrima fontana do’ “sculapasta” (detta anche della jella), collocata a piazza Stesicoro prima del monumento a Bellini, venne addirittura smontata pezzo per pezzo perché invisa a tutti. A ciascuna di esse è stato sempre attribuito dal popolo un pecco (Nomignolo). Più che toponimo di riferimento, esso è espressione di uno stato d’animo. L’ultimo, in ordine di tempo, è toccato alla moderna fontana del Tondo Gioeni. E’ conosciuta come “ ‘A funtana ‘de lavandini”o “dell’acquasantiera”. “Anche l’occhio vuole la sua parte”. Un discorso diverso meritano le statue acefale dei Borboni. Ci sono voluti secoli prima che i catanesi si rendessero conto del loro prezioso valore storico e artistico. Sono le pregiate opere di Antonio Calì(Catania 1788-Napoli 1866) detto il Canova Catanese perché del grande scultore neoclassico fu allievo e seguace. Quasi tutte le sue opere scolpite a Catania servirono per celebrare i sovrani Borbonici. Per tale motivo, dopo l’Unità d’Italia, l’artista fu oggetto di angherie di ogni tipo. Per realizzare il monumento oggi conosciuto come “l’acqua ’o linzolu”, gli venne preferito lo scultore Tito Angelini suo acerrimo rivale. Lasciò amareggiato la città per stabilirsi a Napoli. “ ‘I statuli senza testa” sono tra i monumenti più fotografati dai turisti. Un misto di curiosità e ammirazione. Quella di Francesco I(nella foto) si trova in V. Dusmet, mentre quelle di Ferdinando I e Ferdinando II all’interno di Villa Pacini. Sono alte tre metri. Quella di Francesco II non venne mai realizzata. Si disse perché nel frattempo la dinastia Borbonica volgeva al tramonto. Altre opere del Calì, a Catania è possibile ammirarle nella chiesa S.Agata la Vetere, nell’atrio del Municipio e al Castello Ursino. Quando nel 1964 le statue vennero ritrovate abbandonate nei depositi comunali del Monastero dei Benedettini, l’allora assessore comunale alla P.I. Alfio Giuffrida ne dispose la collocazione presso la zona della marina. Ai sovrani Borbonici doveva essere riconosciuto in qualche modo il merito di aver permesso, grazie alla elargizione di un cospicuo finanziamento, il completamento del porto di Catania. Facile immaginare le lotte e le resistenze che il solerte assessore dovette affrontare prima di imporre la propria volontà. Ricordiamo che due di questi monumenti vennero una prima volta decapitati a furor di popolo durante i moti del 1848-49. Erano allocati rispettivamente a piazza Università (Francesco I) e piazza Stesicoro( Ferdinando II). “Le teste”-ci informa lo storico e scrittore Saverio Fiducia-“furono rifatte e rimesse al loro posto da Carlo Calì cugino germano di Antonio”. Gli oppositori del regime, sovente sfogarono la loro rabbia su quelle statue. Particolare curioso: Durante il “restauro” , per non lasciare vuoti i piedistalli vennero allestiti due monumenti similari in gesso. Dovettero essere rimossi frettolosamente perché un violento nubifragio nel frattempo li “sciolse”. La terza, invece, quella di Ferdinando I, è stata realizzata solo nel 1853. Venne collocata nei pressi di S.Francesco. Durante i moti del 1860, le tre statue vennero nuovamente decapitate. Stavolta definitivamente. I busti fatti rotolare per via Etnea, resistettero. Le teste, colpite a martellate, non vennero mai più ritrovate. Credendo di rinvenirle abbandonate in qualche altro deposito comunale, le cercarono per lungo tempo. Un funzionario del comune ironizzò: “Quando la testa si perde, non è facile ritrovarla”. Alcuni anni fa, un gruppo di artisti provò a ricostruirle. Vennero attaccate “posticce” sul busto marmoreo. Un gesto dal sapore goliardico più che un serio tentativo di restituirgli un volto e…una testa. Decisamente più graditi sono stati i versi di un poeta catanese che si domandò: “Li Borboni ‘a la marina senza testa mischineddi/ cià scipparu e non si sapi/… fòru brutti ‘o puru beddi?!

 

Pubblicato su La Sicilia del 22.08.’21

 

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