IL COMM. FRANCESCO SPINA CHE SALVO' DUE VOLTE IL PALAZZO DELLE POSTE DI CATANIA
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- Category: Storia e tradizioni popolari
- Created on Thursday, 29 April 2021 16:55
- Published on Thursday, 29 April 2021 16:55
- Written by Santo Privitera
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Durante l’ultimo conflitto mondiale, Catania fu tra le città più bombardate d’Italia. Considerata la sua posizione strategica, gli alleati anglo-americani dovettero farsi largo dal cielo e dal mare per avere ragione dei nemici e liberare la città. Le loro ingenti truppe appoggiate dai potenti mezzi bellici di cui disponevano, si lanciarono in sanguinose battaglie che ebbero come epicentro la piana di Catania ed i paesi limitrofi. Su tutto il suo territorio, piovvero bombe a grappoli dalle fortezze volanti americane ma anche dalle navi dislocate al largo della costa. “ ‘I bummi ‘i mari” come venivano chiamate nel linguaggio comune le bordate sparate dalle imbarcazioni militari, furono particolarmente temute. A differenza delle bombe aeree, infatti, le “sirene” poste negli edifici più alti, scattavano quando i primi bersagli erano già stati raggiunti. I grossi proiettili, quando si impennavano, colpivano obiettivi civili imprevisti. Frequenti furono le stragi che causarono. In alcuni quartieri del Centro storico, ancora sono visibili le ferite inferte dalla guerra nel tessuto urbano. Durante le operazioni belliche a Catania e provincia, le vittime si contarono a migliaia. Per non parlare dei feriti, la maggior parte dei quali riportarono danni fisici permanenti. Molti nuclei familiari furono costretti a sfollare nelle località più disparate del capoluogo etneo, e quelle rimaste in città trovavano rifugio in massa nei cosiddetti “ricoveri”(cavità naturali o grotte di scorrimento lavico) che si rivelarono provvidenziali. “ ‘U sicilianu avi cori e sapi pavari” questa scritta campeggiò per lungo tempo sui muri di molte città e paesi della Sicilia. Le ostilità a Catania ebbero inizio sin dal luglio del 1940. Con l’intensificarsi della guerra, tra il 1941 e 42 si registrarono altri cruenti bombardamenti. Quelli più violenti, invece, precedettero la liberazione avvenuta il 5 agosto del 1943. La distruzione subita dalla città fu subito accostata a quelle causate dalla natura, terremoti compresi. Caddero chiese, monumenti, palazzi di pregio artistico. Il Teatro Coppola, alla Civita, centrato da una bomba, è stato distrutto e mai più ricostruito. Soprattutto caddero le case della povera gente. Molti rimasero sotto le macerie perché non intendevano lasciarle balìa degli sciacalli. Mentre da Napoli all’estremo Nord i partigiani lottavano per liberare il Paese dai nazi-fascisti, nella Sicilia già liberata andò diversamente. Il governo militare provvisorio instaurato dagli anglo-americani, ’A.M.G.O.T.( Alied Military Governiment of Occupied Territories), si trovò a fronteggiare il fenomeno degli “sbandati”. Era costituito da renitenti alla leva, disertori, anarchici e agitatori sociali di tutte le estrazioni sociali. I Movimenti separatisti allora molto agguerriti, con il loro braccio armato l’EVIS, dal canto suo ebbe un ruolo centrale nella contesa. Catania pianse i suoi morti, in particolare la piccola Eugenia Corsaro. La giovanissima, appena dodicenne, venne giustiziata dai Nazisti perché sorpresa a tranciare i fili della corrente elettrica all’aeroporto di Gerbini( Enna) dal quale si innalzavano i temibili aerei della Luftwaffe tedesca. Altro merito ebbero le gesta dell’allora direttore Provinciale delle Poste, il dott. Francesco Spina. L’alto dirigente, di famiglia nobile, nipote del chirurgo Francesco Condorelli noto per le coraggiose imprese rivoluzionarie compiute durante i moti anti-borbonici del 1860, salvò in due occasioni il palazzo delle poste, pregiata opera dell’architetto Francesco Fichera( Catania, 1881-1950). Una prima volta, barricandosi nei propri uffici, impedì ai tedeschi in ritirata, di fare esplodere l’edificio già minato. Con questo clamoroso gesto, i militari nazisti avrebbero ritardato l’avanzata verso nord delle truppe nemiche. Il 14 dicembre del 1944, altro valoroso episodio. I rivoltosi, dopo avere dato fuoco al municipio, si diressero verso il palazzo delle poste; avrebbero voluto dargli fuoco con l’intento di distruggere i precetti militari per il richiamo alle armi. Francesco Spina, sfidando le ire dei facinorosi, si precipitò in strada nel tentativo di dissuaderli. Ci riuscì dando loro una falsa comunicazione: “E’ inutile che incendiate l’edificio”- disse-“ tanto le corrispondenze sono ormai tutte in distribuzione…” Il gruppo si disperse alla ricerca dei postini che, fortunatamente, in quel momento erano tutti in concedo temporaneo. Nel 2004 a Francesco Spina è stata intitolata una piazzetta del quartiere Barriera-Canalicchio, del quale fu delegato sindaco fino al 1958 anno della sua scomparsa.
Nella foto, il ritratto del Comm. Francesco Spina
Pubblicato su La Sicilia del 25.04.'21