PROVERBI E SCONGIURI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

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Speriamo che  arrivi presto questo picco, in modo tale che l’epidemia così imbocchi la sua fase calante. Mah! Facciamo i dovuti scongiuri. Nelle famiglie tappate a casa per effetto del decreto ministeriale, non si discute d’altro. Si sta incollati davanti al televisore in attesa di attingere notizie da questo o da quell’altro telegiornale; da questo o da quell’altro programma giornalistico dove politica e scienza si mischiano alla cronaca senza che uno ci capisca granché. Purtroppo i numeri sono spietati: ancora un “Bollettino di guerra”.Gli scienziati invitati fanno la loro parte, ma non sempre sono d’accordo tra di loro. Si va in giro con la mascherina per elemosinare un po’ di sicurezza. Certo è che questa pandemia è piovuta tra capo e collo in Europa. La già fragile economia del nostro Paese, in particolare, rischia seriamente il tracollo. “Ci mancava, chistu sulu sulu”, ci si lamenta a Catania. “Già ca  i cosi jeunu mali; ci vuleva stáutra pezza ‘nto mantu! ”. I più anziani, contro cui questo coronavirus sembra essere particolarmente aggressivo, aggiungono un altro proverbio:  “ Supra ‘ a váddira n-craunchiu”; che tradotto sta a significare: “sopra l’ernia pure un foruncolo”. Appóstu semu!   Il fatidico “ ‘o peggiu non c’è fini”, lo lasciamo  ai pessimisti per natura. Per quelli che invece amano vedere sempre il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto, vale una espressione napoletana  pronunciata da Edoardo De Filippo nella sua commedia “Napoli milionaria”:  “A da passa’ ‘a nuttata”. Una espressione che in questo particolare momento è di moda. Ma pur essendo nel mondo della globalizzazione e con la scienza che sembra dominare incontrastata questo nostro secolo, c’è  pure chi ricorre proprio agli scongiuri e invoca le divinità. Le pandemie di ogni tipo, purtroppo, appartengono a tutte le epoche. Sin dai primordi, pestilenze, colera, vaiolo, influenze maligne e tanto altro, ci sono sempre stati. Hanno falciato popoli, atterrato civiltà, sovvertito poteri, mettendo fine a consolidate abitudini nella società. Alla fine, nulla è poi stato come prima. Chi pensava che la scienza medica in questo campo potesse del tutto debellare il “nemico invisibile”, come vediamo, si sbagliava. I passi avanti sono dovuti a una presa di coscienza globale che ha condotto la civiltà verso il progresso; anche se, poi, nuove e più aggressive minacce virali ai tempi nostri si affacciano all’orizzonte.

Allora le epidemie  scoppiavano per contagio; favorite pure  dalle pessime condizioni igieniche dei quartieri più poveri. Il popolo quasi sempre le considerava un castigo divino. Il più delle volte venivano individuati  untori o presunti tali; e allora la rabbia della gente colpiva perfino gli innocenti. La storia della “Colonna infame” narrata dal Manzoni nell’omonima opera, è l’esempio più illuminante a questo proposito. Le  epidemie, nei primordi venivano contrastate, oltre che con i rimedi suggeriti dai grandi medici come Ippocrate e Galeno, con metodi empirici oppure con scongiuri e rituali. Con l’avvento del Cristianesimo, invece, tramite la intercessione dei Santi. Tra questi, i più  invocati erano San Sebastiano, San Rocco e Santa Rita; quest’ultima considerata la Santa  dei casi impossibili. Di fronte a pandemie devastanti che sembravano non avere mai fine, si ricorreva direttamente alla Madonna. “‘O Santissima Matri divina,/ca di li cieli siti la Riggina /c’è stu mali ca camina/ ‘ncatinatulu  ca vostra catina./(…) ‘U vuostru mantu ni cunsola/ niatri rintra e stu mali fora! “ /. Questo scongiuro si perde nella notte dei tempi. Sui social, quando  a Catania il numero dei contagiati arrivò’ a a superare quello delle altre province dell’Isola, qualcuno ha pure invocato l’uscita in processione del Velo di Sant’Agata. Quelli, si dice, erano però altri tempi. Ma questo non impedisce comunque la recita di preghiere e orazioni. Come quella ascoltata davanti un altarino di San Giuseppe: “San Giuseppi binirittu/ ppi stu munnu ca è afflittu/ prejia tu nostru Signuri/ ca ni scansi de rulúri./ Stu flagellu ca spuntau/ sta facennu tanti morti/ e la genti  si ‘n-tanáu/ ppi scampári a’ tristi sorti./(…) Ma tu giuru e tu prumettu/ ca ‘a st’Artaru n-ciuri ‘u metti./*  Il vero deterrente all’epidemia sta nella scienza e nella ragione. Per evitare al massimo i rischi del contagio, è certamente quello di starsene serenamente a casa. Non vi è alcun dubbio.

*Versi contemporanei di Santo Privitera

Pubblicato su La Sicilia del 29.03.2020

 

 

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