Storia e tradizioni popolari
lLUOGHI DEL CULTO AGATINO
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- Created on Thursday, 17 February 2022 00:23
- Published on Thursday, 17 February 2022 00:23
- Written by Santo Privitera
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“Sant’Aita, Sant’Aita, è misa ‘nta lu chianu cu la so spata mmanu ca varda la città. E tutti ‘i viddaneddi ca scinnunu a Catania, virunu ‘a Sant’Aita lu populu ca c’è!!! E’ l’incipit di una antica cantata popolare che inneggia alla Vergine e Martire Agata. Questi versi furono ispirati all’anonimo poeta, dalla settecentesca statua che campeggia nella facciata barocca del Vaccarini. I tre ordini in marmo di Carrara, sono sorretti da antiche colonne granitiche provenienti dall’Anfiteatro romano. Recuperate dalle macerie causate dal disastroso terremoto del 1693 , molte di queste colonne adornano o sorreggono alcuni importanti monumenti e antichi palazzi nobiliari. Uno di questi pilastroni, possiamo ammirarlo a piazza dei Martiri( ‘o chianu ‘a statula); è sormontato da una statua raffigurante Sant’Agata nell’atto di calpestare un’idra. La pregiata opera dello scultore palermitano Giuseppe Orlando, risale alla seconda metà del settecento. Ricorda il miracolo agatino della liberazione dalla peste, avvenuto nel 1743. Come ogni anno, la festa di Sant’Agata è l’occasione giusta per ammirare nei dintorni del Centro storico, i monumenti dedicati alla Santa Patrona. In primis le chiese che ricordano le vicende del martirio. All’interno di esse, attraverso opere e testimonianze visive esistenti, sembra aleggiare ancora lo spirito della Santa. Un’occasione di conoscenza soprattutto per i turisti; ma anche per i tanti catanesi che dovrebbero meglio alzare lo sguardo verso la storia della propria città. Sant’Agata è Catania, così come Catania è Sant’Agata; un rapporto inscindibile che si è mantenuto sempre solido nel tempo. Da due anni a questa parte, le dirette televisive hanno dovuto puntare per necessità il proprio obbiettivo sulla Cappella di Sant’Agata. E’ li che si stanno svolgendo i riti liturgici. In tempi normali si sarebbero celebrati- come sappiamo-nell’altare maggiore. “Necessità obbliga liggi” dicevano i nostri saggi. Vale per la storia di Sant’Agata come per altri contesti. Vita e martirio di Sant’Agata, sono ampiamente testimoniati dall’arte. Non soltanto a Catania o nel resto del Paese, ma in tutto il mondo. Da Malta a San Marino, dal Portogallo all’Argentina, oggi anche nelle Mauritius è possibile ammirare sculture, bassorilievi e tele che ben la raffigurano. E’ storia di profonda devozione, che ha attraversato secoli e confini senza flessione alcuna. La Cappella di Sant’agata, chiusa dalla poderosa cancellata in ferro battuto realizzata dall’Architetto-Salvatore Sciuto Patti con la collaborazione dello Scultore S.Puglisi Caudullo, nasce da un atto di grande devozione. Fu voluta dal Vicerè Ferdinando d’Acûna. Risale al 1494. La commissionò la moglie, donna Maria d’Avila, in ottemperanza alla disposizione testamentaria lasciata dal marito. La nobildonna volle far rappresentare il defunto consorte inginocchiato e con lo sguardo rivolto verso la Santa. Senza indugiare troppo nei particolari, preziose sono le sculture del messinese Antonello De Freri. Un altare con un trittico marmoreo che raffigura Agata incoronata dal Cristo e la Madonna; ai suoi lati, i Santi Pietro e Paolo. Nella parte inferiore , degli angeli reggono i simboli della Passione. Nel 1700 vennero aggiunti i monumenti sepolcrali del vescovo Andrea Riggio e del cardinale Camillo Astalli-Pamphilj. Un vero pellegrinaggio è quello che si svolge ogni anno verso il bassorilievo di Sant’Agata alla marina. Un luogo di assoluta devozione, dove depositare ceri e quant’altro. Da lì, secondo la tradizione, nel 1040 sarebbero partite le spoglie della Santa Patrona dirette a Costantinopoli. Il generale bizantino Giorgio Maniace le aveva trafugate per presentarle come bottino di guerra al proprio imperatore. Addossato alle Cinquecentesche mura di Carlo V, il monumento venne fatto costruire nel 1621 dal capitano d’armi don Francesco Lanario duca di Carpignano. Rientrò nel complesso riordino che rese carrabile la zona della marina. Particolare curioso. Questa fontana meglio conosciuta come “Fontana Lanaria” in omaggio al suo committente, è stata oggetto nel tempo di incendi e atti vandalici. Oggi, finalmente si è trovato il modo per proteggerla adeguatamente. Nel 1993 invece si arrivò all’assurdo. Quasi per disperazione, qualcuno la chiuse dentro un orribile cassone di protezione. Sembrava essere sparita. Le proteste furono immediate e la rimozione avvenne pochi giorni dopo….”Cose di Catania!”
Pubblicato su La Sicilia del 5.02.2022
GIUSEPPE DE FELICE GIUFFRIDA E LA MUNICIPALIZZAZIONE DEL PANE A CATANIA
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- Created on Wednesday, 05 January 2022 11:38
- Published on Wednesday, 05 January 2022 11:38
- Written by Santo Privitera
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Così come ogni fine anno si traccia il bilancio di tutto ciò che è accaduto nell’arco di 12 mesi, lo stesso accade all’inizio. Ritornando indietro nel tempo, si commemorano fatti e personaggi degni di essere ricordati. In un modo o nell’altro, con la storia si finisce sempre col fare i conti. Su questo non vi è il minimo dubbio. Un buon modo per conoscere particolari nuovi, ma anche un dovere da parte degli studiosi approfittarne per ulteriori approfondimenti. A Catania, quando si parla di storia politico-amministrativa a cavallo tra l’800 e il ‘900, si parla dell’età Defeliciana. Durò lo spazio di quasi quarant’anni ed ebbe come protagonista assoluto l’on. Giuseppe De Felice Giuffrida(Catania 1859-1920). L’uomo del popolo, il “Tribuno” come era chiamato negli ambienti politici; “Nostru patri” come invece devotamente lo chiamavano catanesi. Cosa fece di così importante quest’uomo per essere ancora oggi additato come esempio politico “adamantino”? Non solo perché quando morì ad Acicastello in casa di un suo amico gli trovarono solo pochi spiccioli in tasca, ma perché fu strenuo difensore dei diritti degli umili e degli oppressi. Avendo avuto una visione politica ampia e avveniristica, da deputato e da pro sindaco proiettò la sua città verso il futuro. “Il sole dell’ avvenire”-diceva-“può splendere a Catania più radioso che mai, solo se si opera luminosamente”. Fu un socialista atipico, con una forte vocazione al liberalismo. Questo gli procurò non pochi problemi con i vertici nazionali del suo stesso partito. “Scontri”-riportarono le cronache-“anche fisici”. Lui, uomo arcigno e decisionista, piuttosto che perdersi in giochi e giochetti politici anche allora abbondantemente praticati, amava la concretezza. Basti pensare che pur essendo un uomo di sinistra, nel 1911 votò in Parlamento a favore della guerra libica. Da “uomo d’armi” ebbe qualche esperienza di guerra. Un’antica cartolina riporta la sua effige in un riquadro adornato con la bandiera italiana dei Savoia; a fianco una scritta: “Viva Tripoli Italiana, Viva l’on.De Felice”. Ci assale il dubbio se quella cartolina fosse un ringraziamento da parte dei nazionalisti oppure un attacco sfottente da parte dei suoi stessi compagni pacifisti. Ma fece anche di più. Allo scoppio della prima guerra mondiale, all’età di cinquantacinque anni, si arruolò come volontario per difendere la Patria. “Spiritu contru ventu” lo definirono negli ambienti politici catanesi. A lui si deve la fondazione in Sicilia dei Fasci Siciliani. Nel 1891 a Catania, l’anno dopo a Palermo. In quel periodo preciso della storia, questo attivismo gli costò la detenzione in carcere per motivi politici. La sua figura fu antitetica oltre che a a Crispi, anche a quella un altro politico di destra: Gabriello Carnazza. I loro scontri politici accesero la fantasia del popolo defeliciano che all’epoca della sua prima elezione così si espresse: “De Felici sta niscennu e Carnazza sta murennu; priparatici ‘u tabbutu a stu pezzu di curnutu!”. Tra le molteplici decisioni intraprese a sostegno del popolo, una fece molto discutere: La municipalizzazione del pane. L’iniziativa senza precedenti, fece balzare Catania agli onori della cronaca italiana e non solo. L’esperimento ebbe la durata di 4 anni: Dal 17 ottobre del 1902 al 19 agosto del 1906. Durante questi anni, si registrò la ferma presa di posizione dei titolari delle panetterie. De Felice tirò dritto. Organizzò, sparsi su tutto il territorio, “i Forni” con personale competente comunale. “Il pane arrivò a costare solo 34 centesimi al chilo- riporta in un suo scritto Il prof. Santi Correnti -“a Roma 43 e a Venezia 44”. Le forti pressioni convinsero il governo centrale a intervenire. Il nuovo prefetto Adriano Trinchieri pose una pietra tombale sul quell’esperimento. Chi non la prese bene fu il poeta Nino Martoglio; in una delle sue famose poesie pubblicate su la “Centona” ebbe a sentenziare: “Biniditta ‘dda matri ca vi fici/ binidittu ‘ddu Diu ca vi Criau/ siti daveru chiddu ca si dici/ la vera effigi di lu nnannalau!/ Ma ‘ntra ‘ssa testa chi ci aviti pici?….Cu fu ‘ddu sceccu ca v’addutturau..(..). (Lu ritratto d’un Prefettu).
Nella foto, l'on. Giuseppe De Felice Giuffrida
Pubblicato su La Sicilia del 2.1.2022
LO SPETTACOLO DELLA "CONA" ALLA CIVITA DI CATANIA
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- Created on Wednesday, 29 December 2021 23:46
- Published on Wednesday, 29 December 2021 23:46
- Written by Santo Privitera
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Uno spettacolo che si rinnova quello della “Cunzata ‘da Cona” nel popoloso quartiere catanese della Civita.
Un rito che rivive anche solo attraverso una suggestiva rappresentazione artistica come quella organizzata dal gruppo parrocchiale nell’altare della chiesa San Francesco di Paola alla marina. Protagonista, l’orchestrina musico-teatrale de “ I Colapisci”( Carmelo Filogamo, voce e chitarra; Silvio Carmeci, fisarmonica; Santo Privitera, mandolino; Cettina Distefano e Salvina Tomarchio, voce e percussioni; Gianni Sineri, voce narrante). “Lo spettacolo della Cona”, questo il titolo, è una fedele riproposizione di quello che avveniva un tempo nei cortili e nelle strade dei quartieri popolari. Alla Civita, in particolare, questa tradizione era molto sentita. Dal 16 dicembre e fino alla vigilia del Natale, le strade erano invase dal suono delle cornamuse e dalle orazioni recitate davanti agli altarini imbanditi di ogni ben di Dio( Cone). L’immagine venerata, era quella della Sacra Famiglia. Una vera festa preparata con cura, da vivere nella preghiera e nella gioia. Spiccavano le caratteristiche figure de “Mastri ‘da Cona” organizzatori dell’evento, delle popolane addette alla “cunzatura” e soprattutto dei “Nonareddi”. Questi ultimi erano attempati suonatori orecchisti con qualche difetto fisico, che intonavano antiche litanie recitate da improvvisati poeti. Seguendo il copione di un tempo, nella prima parte comprendente le quattro fasi della novena( annunciazione, cammino doloroso, nascita e adorazione), sono stati eseguiti canti natalizi tratti dall’antico repertorio del Favara, del Vigo e del Frontini. Canti popolari ai quali sono stati aggiunti quelli più noti come “Tu scendi dalle stelle”, “Bianco Natale” la “Ninna Nanna” di Brahms, “Astro del Ciel”. Nella seconda parte, meglio conosciuta con il termine dialettale ‘da “Junta”(aggiunta); brindisi e balli di giubilo per festeggiare la nascita ‘du “Bammineddu”. Prima della rappresentazione, un “siparietto” di antica memoria: la “popolana” donna Maddalena(Melina Pappalardo) raccoglie nel cortile i bimbi più poveri per insegnare loro le preghierine del Natale come si faceva una volta.
Nella foto, un momento dello spettacolo.
Pubblicato su La Sicilia del 28.12.2021
NATALE A CATANIA: PRESEPE NEL MONUMENTALE TEMPIO DI SAN NICOLO' L'ARENA
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- Created on Wednesday, 22 December 2021 13:05
- Published on Wednesday, 22 December 2021 13:05
- Written by Santo Privitera
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Torna a rivivere il presepe nel monumentale tempio di San Nicolò l’Arena. Si tratta di una riedizione più estesa e ben congegnata, di quella allestita agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo ai piedi della pregiata statua del Santissimo. Quando tanta parte dei catanesi non conosceva ancora la cifra storica del maestoso tempio Benedettino, quel presepe venne visitato da oltre cinquemila persone. Scolaresche, turisti e abitanti del luogo, sotto la guida scrupolosa e attenta del compianto mecenate e storico prof. Antonello Germanà Di Stefano, ebbero modo di conoscere anche i minimi particolari di questo monumento religioso fatto costruire dai PP. Cassinesi nel cuore della città. L’autore del presepe di oggi è lo stesso di allora: si chiama Elio Ambra; elettricista di professione ma artigiano per vocazione. Costruire presepi animati è sempre stata la sua passione. Li progetta, li arreda di tutto punto, curando di essi ogni piccolo dettaglio. Il prodotto così diventa spettacolare, suggestivo e ingegnoso allo stesso tempo. Qualcuno tra politici e funzionari del Comune di Catania sembra essersi accorto di questa “eccellenza”; tant’è che due anni fa concesse in uso gratuito ad Ambra, lo stanzone situato a destra dell’altare centrale. L’intento era quello di allestire un presepio degno di questi luoghi. Ambra non si tirò indietro, perché questa era la sua aspirazione coltivata da tempo. La complessità dell’impianto, ha richiesto l’impiego di altri due volontari: Salvo Grasso e il giovanissimo Manuel Stramondo. Quest’ultimo, giovanissimo, appena quattordici anni, si è rivelato un prezioso allievo meritevole della fiducia del maestro. La passione di Elio Ambra verso l’arte presepiale, parte da lontano. “All’età di otto anni”-racconta-“costruii con le mie mani la prima casetta. All’interno vi collocai un ciabattino intento a risuolare una calzatura. Da quella volta, ogni anno”-prosegue nel suo racconto-“l’attività si è fatta sempre più impegnativa.”Aggiungendo sempre nuovi pastori e creando nuovi panorami, i miei presepi sono diventati più corposi e ammirati.” Per due anni consecutivi vinse i concorsi banditi dall’Associazione “Amici del presepe”. Guadagnandosi la fiducia del presidente di quel sodalizio, cominciò a collaborare per l’allestimento del presepe monumentale di Ognina. Da quando l’amministrazione comunale decise di mettere in bella mostra le Candelore a San Nicolò l’Arena, il tempio Cassinese somiglia sempre più a un museo. E’ così che dovrebbe essere. Il simbolo religioso per antonomasia, potrebbe diventare un importante elemento di attrazione turistica. La caratteristica principale di questo presepio è la sicilianità. Nelle diverse aree che attorniano la Grotta della natività, spicca l’Etna con i suoi pennacchi di fumo e fiamme. Nelle vicinanze, il nuovo Monastero benedettino nicolosita intitolato al beato Giuseppe Benedetto Dusmet. Più in basso, in posizione trasversale, la raffigurazione dei seicenteschi archi dell’acquedotto benedettino. Non poteva mancare il mulino e il panificio, entrambi dedicati a Sant’Agata. Nel suo complesso, questo presepe consta di 50 fontane; 20 casette manufatte; 250 Angeli sparsi sui vari paesaggi orientali e non solo. 2500 pastori, molti dei quali pregiati, provengono da alcune parti del mondo. Il movimento scenico e le luci sono frutto di un complesso e articolato apparato meccanico. C’è molto altro. Alcune pietre provengono da Betlemme e dal Qatar. Una boccetta d’acqua direttamente prelevata dal fiume Giordano. Presente, infine, anche un pezzo del muro di Berlino con tanto di certificato di provenienza.
Nella foto, Elio Ambra e il suo Presepe.
Pubblicato su "La Sicilia" del 19.12.'21
PRESEPI, "CONE" E NOVENE A DIFESA DEL NATALE
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- Created on Thursday, 16 December 2021 11:11
- Published on Thursday, 16 December 2021 11:11
- Written by Santo Privitera
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Che Natale sarebbe senza i suoi tradizionali simboli? È giunta davvero l’ora di mettere in soffitta il Presepe, l’Abete addobbato di tutto punto e Babbo Natale che con la sua slitta carica di doni per la delizia dei bambini? Secondo certe correnti di pensiero, sì. Il globalismo ormai non si ferma più davanti a niente e a nessuno. Qualcuno asserisce che si tratti di una conquista per i diritti civili; secondo altri, il cambiamento culturale radicale è necessario per un nuovo modello di umanità. Dalle nostre parti, invece, fatte le dovute eccezioni, si tratta di puro “Manciamentu”; dove con questo termine si intende un molesto prurito da sedare. Per quanto la banale metafora tenda alla sdrammatizzazione, si tratta piuttosto di un problema serio, comparso agli inizi di questo secolo. In tempi non sospetti, già si parlava che molte cose “nel 2000” sarebbero state cambiate; le previsioni pare non fossero per niente azzardate. Accettare i cambiamenti, però, non vuol dire “terremotare” ciò che è profondamente radicato nelle comunità. Il fenomeno affonda le proprie radici nella religione, ma ha finito per interessare largamente anche la politica. Più che dalle Moschee, parte dall’ Unione Europea l’iniziativa del “rinnovamento”. La massima istituzione, pretende di dettare le regole su tutto: anche in materia religiosa. Ad essere coinvolte in primo luogo sono le scuole. Ricordiamo che nel 2006 in un istituto scolastico di Bolzano, è stato deciso di non far cantare ai bambini la canzoncina natalizia: “Tu scendi dalle stelle”. Si scatenò una polemica che scosse non poco l’opinione pubblica. Da allora i casi non si contano più. E’ stato messo in discussione perfino il Crocifisso appeso nelle aule. Quella che prima poteva sembrare solo una “guerra di religione”, oggi si sta estendendo a macchia d’olio in tutti i campi della società: dalla moda agli orientamenti sessuali; dal revisionismo storico, all’arte e alla lingua. Anche quest’anno, insieme alle luci di Natale, puntualmente si sono riaccese le polemiche. Complice una certa pubblicità spesso imbarazzante, che non si ferma davanti a nulla. Affronta le più disparate tematiche; anche quelle ritenute pedagogicamente “anti-educative”e “lesive” per la pubblica decenza. Anzi: “Chi più ha, più ne metta”. Nel tritacarne del politicamente corretto stavolta sono finite le immagini. Dalla furia iconoclasta del medioevo a ora, sono passati più di sette secoli. Parafrasando il concetto Vichiano dei “corsi e ricorsi storici”: “A volte ritornano”. Di fronte a fenomeni di certo tipo come il “Babbo natale in tutù” collocato in una pubblica piazza di Modena, allo stravolgimento del presepe o, ancora peggio, al ritratto barbuto della Madonna, opera di un attivista Lgbtq, si resta attoniti. I Commenti si sprecano. “Ma cchi ssu pazzi??!”, commenta Angelo Ursino, storica “macchietta” catanese che non può certamente essere ritenuta “bigotta”. Gli fa eco la signora Lucia: “Patri, Figghiu e Spiritu Santu; mi fazzu ‘a cruci cca manu manca!”. E questo è poco. Che il tentativo di cancellare i simboli della tradizione Natalizia trova però una forte reazione contraria, lo notiamo dai commenti espressi sui social. A fronte del tentativo di cancellare l’augurale “Buon Natale”, c’è chi invece lo ripete scrivendolo ossessivamente tutti i giorni a caratteri “cubitali”. In tutte le città dell’Isola, le luci quest’anno sembrano più sfavillanti; le iniziative a sostegno della “cultura natalizia” si sono addirittura moltiplicate . A Catania spicca il grande Presepe animato allestito dall’artigiano Elio Ambra. Uno Stanzone dove la natività, con una progettazione ampia e articolata, viene riprodotta nei suoi diversi paesaggi: da quello orientale a quello siciliano. Spiccano figure antiche ma anche moderne. In tema di presepi, tra le tante iniziative private, anche il “Presepe Vivente” di Trappeto( San Giovanni La punta). Un appuntamento tradizionale molto suggestivo, opera dei volenterosi parrocchiani della chiesa di San Rocco, che ritorna dopo due anni di assenza dovuta alla pandemia. Nel popoloso quartiere della Civita, non poteva mancare il tradizionale spettacolo della “Cona”. Nella chiesa di San Francesco di Paola, in prossimità della vigilia, verrà messa in scena “ ‘A Nuvena di ‘na vota”. Musiche, preghiere e filastrocche a cura del gruppo musico-teatrale de “I Colapisci”, con la collaborazione del gruppo parrocchiale guidato dall’attrice Melina Pappalardo.
Nelle foto di Maria Zafferano, il gruppo musico teatrale de "I Colapisci" nello spettacolo della "Novena di Natale". Le immagini si riferiscono a quella svolta a Catania, nella chiesa N.S. Di Lourdes, lo scorso 12 dicembre del 2021.
Pubblicato su La sicilia del 12.12.'21