LA RECENSIONE: "NON E' TIMPU" di Alessandro Giuliana

Share

Rabbia,ribellione e ansia di libertà affiorano dalla silloge “Non e’ Timpu”(Algra, E.6.00) di Alessandro Giuliana. Liriche brevi ma energiche espresse con un linguaggio innovativo; un grido di dolore sulle condizioni dell’uomo, vittima delle sue stesse invenzioni. Le leggi che si dà finiscono per generare una società solo apparentemente libera. Quale verità potrà mai dare certezza ai tanti interrogativi che l’autore pone? “A virità-osserva-e’comu un mazzu di carti arriminatu”. In un mondo ingiusto non può esservi né ordine né pace. Occorre perciò un umanesimo nuovo perché l’uomo possa aspirare a qualcosa di diverso: “Ddà,/unni finisci l’omu e ‘ncumencia la neglia,/ unni ogni cosa avi nova forma e nova vita,/sulu ddà simu sarvi”.(Zarathustra, amicu mi’”). Non c’è più spazio per la fantasia, o, almeno, non è più “timpu”; il pensiero ha ormai un orizzonte così limitato da potersi racchiudere solo  nell’intimo silenzio della propria anima. Da qui l’invito ad aprirsi. Giuliana usa i suoi stessi versi per fare leale autocritica, invitando i lettori a una maggiore presa di coscienza. La poesia deve essere denuncia. Non c’è ironia ma una profonda amarezza quando annuncia la sconfitta della generazione cui appartiene: “A me generazioni è fausa, farracani,/ comu na seggia d’oru ccu li gammi di lignu./ ‘A me generazioni ha pirdutu”.( ‘A me generazioni). La scelta del linguaggio dialettale

 

non è affatto casuale se consideriamo che il dialetto è il modo più diretto per veicolare immagini e sensazioni che la Lingua nazionale non sarebbe in grado di rappresentare con la stessa efficacia.  

Additional information