LA RECENSIONE: "CCHIU' LUNTANU DI NA STIDDA" di Francesca Privitera

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Quando si ha la capacità di osservare fino in fondo il vissuto quotidiano,     la poesia sgorga spontanea. Lo sa bene chi si diletta in questo nobile genere letterario. Poesia oggi è forse un termine troppo abusato ma non certo astratto come comunemente si lascia intendere. Piuttosto è un modo diverso di vedere le cose, dalle più banali alle più importanti, da angolature diverse partendo quasi sempre da esperienze personali. C’è chi rimugina versi all’insegna del pessimismo, c’è chi, invece, ritiene, come nel caso della silloge “Cchiù luntanu di na stidda”(Radiusu edizioni), che una rima giocosa serva a sollevare il morale. L’autrice, Francesca Privitera, pittrice e scultrice prima ancora che poetessa, nella sua indagine non risparmia i dettagli. Indugia su ogni cosa. Guarda oltre i particolari tenendo ben salda se stessa sulla scena della vita. Lo fa con profondo sentimento, ma soprattutto con quella mordace autoironia che le è propria: “Si dici: a vita è bella pirchì è varia…/esempiu: c’è cu’ è bedda e c’è cu è laria/c’è macari cu’ è longa e cu’ è curta…/mi vardu o specchiu, e u cuntu m’arrisutta!”/. La sua poesia è diretta, fonografica, non ha bisogno di essere interpretata. Nelle quattro sezioni in cui si suddivide (Gocci di puisii, Pinseri spersi, Risati smafarusi e Svulazzannu in puisia), c’è tutta la sua filosofia di vita. Dietro l’apparente leggerezza di alcuni titoli si cela sempre una morale, una denuncia sociale, un grido di allarme: “C’era na vota u munnu/e attornu u munnu…u celu/e sutta u celu…u mari/ e ‘n funnu u mari…i pisci./Ora non c’è cchiù nenti/e a favula finisci.”/ Nelle figure dei suoi quadri, le sfumature chiariscono meglio le forme; ma e la forza semantica della parola a dare corposità ai più reconditi pensieri. Perché scrivere, dunque? “Scrivo-chiarisce l’artista-per consegnare al tempo i ricordi,le emozioni, i rimpianti, i sorrisi, i sogni che ho raccolto strada facendo…”

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