LA RECENSIONE: "PI LI VIOLA DI LA VITA" Di Lia Mauceri
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- Category: Recensione libri
- Created on Monday, 30 December 2013 07:44
- Published on Monday, 30 December 2013 07:44
- Written by Milly Bracciante
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“Pi li viola di la vita” di Lia Mauceri, in elegante copertina a colori e disegni di Michelangelo Grillo, per le edizioni Drepanum, per dirla con il poeta marsalese Nino De Vita, fa parte dei libri che stanno fermi ma hanno una vita intensa. È ciò che avviene con i personaggi che popolano la raccolta di racconti di Lia Mauceri e che caratterizzano la vita siciliana di un recente passato, senza trascurare la retrospettiva di un passato storico che ci riguarda da vicino con il suo bagaglio di valori, di costume, di colore, con usanze, credenze, preconcetti, illusioni, speranze, certezze. Entroterra culturale del quale siamo inconsapevoli eredi, nolenti o volenti obbligati a passare il testimone alle future generazioni. Sono tipologie umane, quelle dei racconti della Mauceri, che per la loro nitidezza di resa a tutto tondo mi hanno ripresentato alla memoria il panorama narrativo verghiano con i suoi personaggi…. È la stessa gente siciliana che, storicamente, a più di centocinquanta anni più avanti nel tempo, lotta per sopravvivere contro il malessere diffuso della società, il destino avverso, la malattia che non perdona, nonostante la tecnologia e il progresso abbiano fatto passi da gigante. È la stessa fatica del vivere quotidiano minacciato dalla povertà …
Certamente i personaggi della Mauceri vivono anche gli agi del progresso, in una Sicilia che non ha più i materassi di crine, ma letti con gommapiuma, non più affronta l’immane fatica dei campi ma si serve di attrezzature meccaniche, anche se poi vive ugualmente la paura della disoccupazione; non più accetta la sottomissione e il silenzio femminile, ma vede la rivalsa della donna nella presa di coscienza di sé. Sono sempre gli stessi, però, i pettegolezzi e le maldicenze popolari,anche se si fa strada nella società e nella donna in particolare, una capacità nuova di reagire e di lottare contro le ingiustizie … e non sono più le antiche credenze e le superstizioni a bloccare le aspirazioni e i sogni…
“U lupu mannaru” non esiste più – così rassicura la nipotina il “nonnu Rusariu” il quale come Padron ‘Ntoni è detentore dei valori della vita e conferma che “ci su’ li cosi belli e ci su’ macari chiddi brutti: C’è lu mali e c’è lu beni”…
Il prototipo di mitico greco retaggio, di madre siciliana che si sacrifica e lotta per la famiglia e il suo benessere e che vede in Maruzza verghiana il suo perfetto esemplare, nei racconti della nostra autrice si presenta più volte in personaggi femminili volti al sacrificio: “Vastiana, fimmina bona e malassurtata”, “Aluzzi, na bedda figghia” che non cede alle lusinghe d’amore, “Rita e Carminedda”, nel differente riscatto di due donne violentate, “Fina” che innamorata di “Sariddu testa di mustirianchisi, appi a rapiri l’occhi…”.
Ma in particolare quella che rispecchia di più “la longa verghiana” è la figura di Mariannina… anche se nelle vicissitudini di Mariannina e Vanna il finale è ben diverso da quello dei vinti verghiani. E ciò perché i tempi sono cambiati. “I vinti” hanno intrapreso la via del riscatto….
Per quanto riguarda invece la particolare, coraggiosa operazione linguistica della nostra autrice, finalizzata a conservare e divulgare un uso comprensibile della lingua siciliana tra le nuove generazioni, ormai travolte da linguaggi nazionali televisivi e telematici sempre più telegrafici, impoveriti, distorti ed imbarbariti, e sempre più lontani dalle nostre radici, è possibile formulare le seguenti osservazioni.
Nella scelta dell’uso della Koinè che si detta precise regole lessicali, grammaticali, morfosintattiche ed ortografiche, come si indica da parte dell’autrice nella prefazione, lo stile narrativo della raccolta dei racconti “Pi li viola di la vita” è schietto ed immediato nella resa di significati e significanti, laddove il motto, il modo di dire, l’uso tradizionale del linguaggio, la scelta del termine onomatopeico, la parola desueta, lo rendono efficace ed incisivo, volutamente di facile comprensione a vasto raggio, al di là della peculiarità delle parlate locali.
E ciò perché gli scivolamenti dal dialetto letterario nel linguaggio vernacolare con simboli e metafore che vanno al di là del significato reale che veicolano, planano con soffice garbo nelle viscere del passato riuscendo a creare suggestioni. È operazione di ricerca di varianti dell’uso delle
parole, di modi di dire, di originali circonlocuzioni, di significanze alluse, nel recupero di un dialetto che possa considerarsi moderno, popolare e vivo e soprattutto facilmente comprensibile da tutti.
La narrazione ripercorre itinerari culti, popolari e di parlate vernacolari, riproponendo modi di parlare e di dire, in certi casi ormai desueti nell’uso comune corrente, in una sorta di religiosa archeologia semantica del passato, come in un appassionato catalogare elementi preziosi, ritrovati nel tessuto apparentemente banale della quotidianità. Operazione che non cede ad eccessivi sentimentalismi, ma rimane ancorata alla schiettezza narrativa della realtà di una quotidianità oggettivamente osservata, anche con l’occhio della memoria.
È opera ricca di elementi propri di ricerca, non valutabile paradigmaticamente sul piano esclusivamente linguistico, ma anche su un versante psicologicamente umano, con valore meditativo e ricreativo per la piacevolezza e l’intreccio dei vissuti, in una brillantezza narrativa che sgorga dalla capacità esplorativa nella ricerca lessicale e dal coraggioso salvataggio di miti espressivi, nell’uso di suggestive metafore e di figure poetiche che non smentiscono la propensione dell’autrice alla poesia ….
Sono lacerti di esperienze , cronache di vita che mirano con sofferta partecipazione emotiva ad indurre il lettore alla riflessione sulle illusioni, alla meditazione sui valori e sull’essenza della vita al di là dell’effimero.
E ciò perché i libri, così come per questa narrativa di Lia Mauceri, ricordiamo con i versi del poeta Nino De Vita: “i libri stanno fermi, ma dentro hanno una vita, hanno la fede, le parole che salvano, fanno pensare e piangere, ci fanno smascellare dalle risa, hanno tristezze che noi non possiamo capire mai, un dolore che lacera le carni. Nascondono tesori, le carezze di quello che chinato a pensare, a scrivere sui fogli, sa che, ci sono”.