"L'educatore penitenziario" in un saggio di Daniela Gulisano
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- Category: Recensione libri
- Created on Thursday, 28 March 2013 09:10
- Published on Thursday, 28 March 2013 09:10
- Written by Antonio Nicolosi
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Il saggio "Ruolo e competenze dell'educatore penitenziario tra modelli e pratiche" edito dalla Cooperativa sociale Ragazzi in Volo ar.l. Onlus, è un interessante libro che pone l'attenzione sulla figura dell’educatore penitenziario. Una figura, sottolinea la dott.ssa Daniela Gulisano autrice del libro, legata al lungo processo di affermazione dei concetti di rieducazione e
di umanizzazione del trattamento penitenziario che ha segnato il corso dei secoli XIX e XX e che ha visto il loro riconoscimento solo con la legge di riforma n 354 del 1975. L’epoca del martire, delle punizioni corporali, delle torture (il cui oggetto del supplizio era il corpo che doveva essere straziato, smembrato, mutilato) e della pena esclusivamente afflittiva, continua l'autrice, "è stato superato a favore di una diversa concezione del carcere e
della pena concepita come giusta retribuzione al reato commesso e nello stesso tempo concepita come riabilitazione, rieducazione e risocializzazione del condannato". L’intento del saggio scritto dalla Gulisano, laureata in Sociologia-curriculum Criminologia e processi di controllo sociale, è quello di analizzare l’esperienza dell’educazione in un contesto carcerario attraverso una specifica
metodologia socio-pedagogica. La Pedagogia Penitenziaria segue questa strada prendendosi cura della persona cercando di rieducarla e risocializzare. In fin dei conti “rieducare, significa organizzare interventi
volti a modificare la visione del mondo di un individuo, del suo modo di percepire se stesso, di intendere gli altri e le cose, di relazionarsi con la realtà e di concepire delle scelte in ordine allo schema di significati di cui dispone”. Al riguardo anche la nostra Costituzione recita all'articolo 27 come “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Da questo scaturisce una nuova visione del soggetto “detenuto” che deve essere orientato, rieducato, anche nei contesti più difficili, qual è il pianeta carcere. E' illogico, sul piano pedagogico, non prospettare degli ideali, dei valori, dei fini, che alla fine non trovino la loro realizzazione e traduzione sul piano concreto della storia e dell’esperienza umana. Sottolineando come l’intento del suo lavoro è stato quello di analizzare l’esperienza dell’educazione in un contesto carcerario attraverso una specifica metodologia socio-pedagogica, l'autrice sottolinea come, la pedagogia non può mai essere utopia sforzandosi di orientarsi verso condizioni concrete della storia e della società. L'interesse
per questa tematica nasce principalmente per l'interesse manifestato nei confronti della figura dell'educatore penitenziario vista in relazione al detenuto nei processi di rieducazione, risocializzazione e cura della persona. Sia da un punto di vista pedagogico, della pedagogia penitenziaria della devianza sia da una prospettiva sociologica. In sintesi lo scopo è quello di vedere, da un punto di vista rieducativo e risocializzativo, il ruolo del detenuto. Il saggio della dott.ssa Gulisano è strutturato in maniera tale che
partendo da un excursus storico sulla concezione del carcere e della pena, analizza come il carcere da luogo fondamentalmente punitivo, si trasformi in un posto rieducativo e riabilitativo. Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e per poter rieducare il condannato bisogna rieducare la società. Il carcere in conclusione non deve essere visto, sottolinea la dott.ssa Gulisano, come un luogo di detenzione ma come un luogo di rieducazione dove il condannato ha una seconda possibilità. Ed è in questo ambito che rientra la cura dell'individuo.Un compito oggi molto difficile in considerazione del momento storico che stiamo vivendo e del fenomeno delle carceri sempre più conplesso da
gestire. ( Nella foto, la copertina)