Letteratura

“CARUSO,IL MITO DEL TENORE”

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Una bella mattinata di musica  al Castello Leucatia. Di scena il collezionista e critico musicale Nunzio Barbagallo relatore della conferenza  “Enrico Caruso, il mito del Tenore”. Dalla Romanza d’Opera alla canzone Napoletana, il celebre tenore  ha attraversato un’epoca incantando  le platee di tutto il mondo. Un repertorio vastissimo il suo, che oltre  ai grandi autori del melodramma italiano vissuti a cavallo tra i secoli XIX-XX, comprende quello non meno importante della romanza partenopea. Barbagallo, tracciando la figura umana dell’ artista nato a Napoli nel 1873 e celebrato ai tempi nostri dal compianto Lucio Dalla,  ne ha esaltato in sintesi le qualità professionali. “Caruso”-ci informa  Barbagallo-“nel 1896 si esibì al teatro Bellini di Acireale con la Lucia di Lammemur ( Donizetti), in sostituzione di un collega ammalatosi all’improvviso”. Pur non possedendo una voce particolarmente estesa, il grande tenore napoletano si distinse per la  passionalità oltre che per gli  slanci vocali  intensi. Trasferitosi per qualche tempo in  America,  cantò anche per gli emigranti italiani.  Egli stesso venne definito “L’emigrante dalla voce d’oro”. Il suo volontario allontanamento dalla città  natia lo fece però sentire come in esilio. È stato il primo a comprendere e sfruttare le potenzialità offerte dalle incisioni discografiche cui deve in gran parte il suo rapido e enorme successo. L’oratore, mediante l’ausilio dei supporti informatici, dopo la proiezione di un breve filmato d’epoca ha poi fatto ascoltare una vasta carrellata di brani risalenti agli inizi dello scorso secolo. Nel  corso della sua carriera, Caruso cantò di tutto. Due i filoni inseriti in scaletta: nel primo sono state presentate e commentate le romanze liriche di maggior successo da egli interpretate; nel secondo, le canzoni classiche napoletane del primo ‘900, i suoi cavalli di battaglia che ancora oggi costituiscono  patrimonio del Bel canto. Tornato in terra partenopea, morirà nell’agosto del 1921 a seguito del riacutizzarsi di una laringite degenerativa. La frenetica attività’ artistica unita a una vita sentimentale turbolenta, fini’ per  incidere pesantemente sulla sua salute. 
 
 
Nella foto, il relatore Nunzio Barbagallo.
 

I POETI POPOLARI CATANESI DIMENTICATI ( II PARTE)

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Organizzata dal Centro culturale “V.Paternò-Tedeschi” si è svolta in sede, a cura del poeta Carmelo Furnari, la seconda parte della conferenza: “I poeti popolari catanesi dimenticati”. Relatore il critico letterario e poeta Renato Pennisi. Già nel dicembre dello scorso anno erano stati scelti per la trattazione 10 poeti popolari tra i più conosciuti. Oltre alle brevi note critiche, agli aneddoti e alla recita di alcune liriche selezionate per ognuno, di loro furono aggiunti particolari biografici per lo più sconosciuti. Questa seconda parte ha ricalcato lo schema della prima. Renato Pennisi ha evidenziato il contesto socio-culturale in cui questi autori dialettali vissero. Spesso erano dediti a umili lavori: semplici operai, panettieri, ambulanti, artigiani. Per assecondare la propria passione, erano disposti ad affrontare qualsiasi fatica. Molti di loro, dopo una giornata di duro lavoro, non esitavano a frequentare le biblioteche cittadine quando queste chiudevano i battenti a tarda ora. In un arco di tempo che attraversa un secolo e mezzo, i poeti presi in esame stavolta sono stati: Santo Battiato(Catania 1879-1951); Turiddu Bella(Mascali 1911-1989); Giuseppe Borrello (Catania 1820-1894);Vincenzo Esposito (Catania 1902-1955); Pippo Forenze(Catania 1911-1991); Ciccio Manna(Catania 1894-1967); Ciccio Meli(Catania 1852-1932); Carmelo Messina (Catania 1852-1931); Carmelo Molino(Catania 1908-1984); Giuseppe Pisano( Catania 1912-2001). Carmelo Furnari, dal canto suo, non si è limitato solo alla recita delle poesie; Avendo conosciuto di persona molti di questi autori, sul loro conto ha aggiunto particolari curiosi parecchio interessanti. Sono previsti ancora altri incontri per la trattazione di altrettanti poeti. 

 

Nella foto, i poeti Renato Pennisi e Carmelo Furnari

 

LA POESIA NATALIZIA: 'A CCHIU' BEDDA CONA

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'A CCHIU’ BEDDA CONA

 

Paru la Cona ‘nta lu me quarteri,

La paru ancora comu fussi ajeri.

Sparacogna, aranci,mannarini,

‘na nnucchicedda e… novi lumini.

C’aggiungio nivi di cuttuni sciusu

e na curuna di ferru filatu.

Lu lippu ci lu stisi comu pratu…

…E l’angileddi ci misi di latu…

Quannu la viu, cchi mi pari bedda…

E’ la rigina di la me vanedda!!! 

Ora ch’è pronta la vardu ammiratu

E biniricu cu mi l’ha ‘nsignatu.

Gesù, Giuseppi e Matri Maria,

li mettu ‘ncapu a li pinsera mia.

…pricchì paràlla nun ni sevvi a nenti

Senza l’amuri ‘ntra li sintimenti.  

 

                                   Santo Privitera

 

Nella foto, "La Cona" scultura di Francesca Privitera

 

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