UN GIORNALISTA ALL'INFERNO

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“UN GIORNALISTA ALL’INFERNO” di Santo Privitera: pièce teatrale

recensione di Alessandro Russo

Buongiorno.
La sera di sabato venti maggio duemiladiciassette e il pomeriggio del dì successivo, nella città dell’Etna e dell’Elefante un infuocato colloquio tra un simpatico giovanotto dalla folta zazzera e Satana in carne ed ossa ci fu. I fatti capitarono al numero trentadue di via Tetro greco di Catania, all’interno dell’oratorio dei Salesiani. Colà, sul palco, si scorgevano dapprima un reporter un pizzico scomodo e poi un “Capo”, anzi una “Capa” alquanto scorretta e corrotta e per la quale egli stesso prestava servizio. In seguito, propriamente nel mezzo d’una infuocata discussione, la Direttrice mandò al Diavolo il povero cronista e quello, giunto laggiù, a strappar un’intervista all’angelo delle tenebre riuscì.
Sto parlando di “Un giornalista all’inferno“, testo di Santo Privitera e regia di Alfio Guzzetta, sonorità musicali di Giuseppe Benito Caruso, assistenza alla regia di Letizia Di Mauro, direzione di scena di Orazio Indelicato.
Codesta rappresentazione teatrale la luce la vide grazie alla collaborazione tra l’associazione culturale Terreforti e il centro culturale Vincenzo Paternò Tedeschi. Si trattò d’una incandescente pièce infarcita da piacevoli sfumature grottesche sulle miserie e sul marciume dell’intero Pianeta terra. Una raffigurazione scenica ad ampio respiro sull’indiavolato mondo del quinto potere e sulle sue rocambolesche mistificazioni: l’orecchio destro rivolto alle ingiustizie e il sinistro alle falsità ascoltate, un occhio alle frodi e l’altro alle estorsioni vedute. Durante gli spettacolari accadimenti, oltre al giornalista capellone e al suo perfido Direttore, s’alternavano in scena quel cornuto del Diavolo in persona, il suo segretario, e financo lady Satanessa con intrigante damigella al seguito. Di tanto in tanto faceva capolino nientepopodimeno che il signor Caronte, il quale tra i dannati in attesa di giudizio altro non faceva che scaraventar nuove anime malcapitate. Poi, di botto, nel giro di due, tre minuti al massimo nella piccola arena di tutto e di più succedette. Non appena pareva che il trambusto stesse per prendere il sopravvento, l’amore sistemò ogni cosa ma forse, ora che ci penso meglio, mi sa che accadde esattamente  il contrario. La cosa di cui sono sicuro è, invece, che gli attori furono uno più bravo dell’altro.
I loro nomi ? Enrico Smeraldo, Concetto Cefalà, Nino Patanè, Gaetano Gullo, Letizia Di Mauro, Vanessa Tudisco, Francesca Privitera e Orazio Patanè.
«Una commedia assai piacevole, –così il musico Torquato Tricomi, sedutomi accanto-  lo spettatore non può che apprezzare l’acuta ironia del testo nè far a meno di notare come Belzebù non sia immune degli stessi problemi che appartengono a ogni essere umano».

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