MARIO RAPISARDI A 110 1NNI DALLA SCOMPARSA
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- Category: Biografie
- Created on Sunday, 16 January 2022 20:03
- Published on Sunday, 16 January 2022 20:03
- Written by Santo Privitera
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Il 4 gennaio del 1912, moriva nella sua casa alla Badiella, il poeta traduttore e docente universitario Mario Rapisarda. Da adulto preferì il cognome “Rapisardi” perché assonante con quello del suo poeta preferito Giacomo Leopardi. “Il Vate Etneo” come egli è stesso amava definirsi, è considerato uno dei maggiori poeti italiani del secondo ottocento. Francesco De Sancts che giudicò il Rapisardi degno di occupare la cattedra di letteratura Italiana nell’Università di Catania, aveva scritto: “Uomini di tal natura, cresciuti fuori dal commercio dei dotti e fuori dalle scuole, possono far miracoli”. Lui di miracoli non ne face, in compenso lasciò in eredità ai posteri opere di profondo ingegno letterario Lo studio degli enciclopedisti francesi e dei filosofi tedeschi, esercitò una influenza decisiva sulla sua maturazione culturale. Per questo si rivelò il cantore classico della natura, della libertà, della scienza, contro i “falsi idoli” oscurantisti, oppressori di ogni libera espressione creativa. Cominciò all’età di quattordici anni con l’Ode a Sant’Agata, alla quale sotto il regime borbonico osò raccomandare la libertà della Patria. Di fede mazziniana, diventò un fervente repubblicano. Non fu, dunque, un anarchico come lo definirono alcuni critici. Né possiamo considerarlo ateo; le sue battaglie contro il clericalismo imperante, le combatté con fermezza. Una delle sue maggiori opere “Il Lucifero”, nel 1887 venne mandata al rogo dal Cardinale Dusmet in persona. “Le poesie religiose”, furono invise alla chiesa perché di stampo panteista. Anche se fu molto amato dagli studenti, il suo temperamento impulsivo e il costante nervosismo forse causato da un endemico stato di debolezza nervosa che lo attanagliava, non lo aiutò affatto nei rapporti personali e neanche con la famiglia. Fu al centro di molti pettegolezzi; primo fra tutti la triste vicenda del matrimonio con la scrittrice fiorentina Giselda Fojanesi. La donna intrattenne una relazione con lo scrittore Giovanni Verga. “La tresca” diventata di pubblico dominio, convinse il poeta a ripudiare la moglie. Rapisardi non era uno che “le mandava a dire”, da qui le feroci polemiche che lo videro protagonista in più occasioni. La stampa le riprese tutte, addirittura ampliandole. Persino i colleghi, come sostennero nei salotti letterari catanesi “ Ci àbbagnarunu ‘u pani”. Di polemiche ne ingaggiò una con Luigi Capuana; un’altra con il poeta dialettale di Motta Sant’anastasia, Càrmunu Carusu. Rapisardi aveva sentito parlare di questo poeta e voleva conoscerlo. Per questo incaricò un suo alunno che abitava a Motta. Caruso rispose risentito: “Cu beni mi voli, ‘n casa mi veni”. La missiva scatenò l’ira del Vate che presa carta e penna rispose seccamente: “ Fango sei! ”. La replica del mottese arrivò immediata con una quartina: “Fangu fu Adamu/ e fangu semu tutti/ di fangu è fatta la virtù,/ è tuttu fangu chiddu ca s’agghiutti/ comu di fangu fusti fattu tu.(…). Ma a tenere maggiormente banco fu intrapresa con Giosuè Carducci. Gli costò parecchio caro. Motivo del contendere furono alcuni versi contenuti su”Il Lucifero”, ritenuti dal Carducci offensivi della sua persona. Il poeta toscano che deteneva “le chiavi” dei salotti letterari che contavano, gli chiuse tutte le porte in faccia. I due rivali, attraverso i giornali si scambiarono invettive al vetriolo. Pagine e pagine di dichiarazioni poco lusinghiere e di insulti piuttosto espliciti. “Insomma”-commentarono i lettori catanesi che seguirono la vicenda-“ Si nni stannu rìcennu di tutti i culuri…” I difensori del poeta catanese tacciarono il Carducci perfino di razzismo nordista. Rapisardi alla fine preferì dare “un taglio” alla vicenda, richiudendosi definitivamente nel suo “fortino” catanese. Quando si sparse la notizia della sua morte, la città restò sgomenta. I suoi studenti, con la carrozza del Senato a seguito, trasportarono a spalla la Salma fino alla sala di rappresentanza del municipio dove si svolse la cerimonia funebre. Vi sostò tre giorni per permettere alla cittadinanza di rendergli doveroso omaggio.
Nella foto, il poeta Mario Rapisardi nel suo studio.
Pubblicato su La Sicilia del 9.01.2022