FILASTROCCA DELLA BEFANA
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- Category: Letteratura
- Written by Santo Privitera

tutta gaia tutta lieta
non puó fare una dieta
È arrivata la befana
tutto vede e tutto sana
ha la faccia un poco strana
e si beve una tisana.
È arrivata la befana
ha per scopa una Ferrari
ai bambini tanto cari
porta i doni più preziosi.
È arrivata la befana
sopra i tetti e con la neve
cerca Conte e Casalino
per portargli un decretino!
Per sfortuna incontra Renzi
che sorpresa...ma ci pensi!?
vuole per giocattolino Pippo
Poldo e Paperino.
Indicandogli il camino
vuole pure un bel trenino.
La befana dice Basta!!!...
sol la cesta m’e’ rimasta
ora piglia pure questa
...che finisce anche la festa!
S.P.
USANZE E RITI DEL CAPODANNO
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- Category: Storia e tradizioni popolari
- Written by Santo Privitera
“Anno nuovo, vita nuova”. E’ quello che ci attendiamo dell’anno che sta per arrivare. Ci sono timide speranze che ci si possa avviare verso una graduale normalità, questo sì. Mutazioni permettendo, dipenderà molto dagli esiti vaccinali: sarà possibile sconfiggere con rapidità il virus oppure no? “Cchiù scuru ‘i menzannotti non po’ fari” affermano i più pessimisti; è uno stoico modo per consolarsi che dalle nostre parti trova sempre conferme. Ma c’è pure chi di necessità ne fa virtù. Ecco allora entrare in scena la cabala. Ognuno si consola a modo proprio. C’è chi prega, chi fa gli scongiuri e chi invece preferisce, al bar o dal tabaccaio, giocarsi i numeri al lotto. Abbandonati i tradizionali sogni, si va sul concreto. Il primato del “Lotto” spetta a Napoli, ma “Fatti ‘a nomina e vo’ cùrcati” si dice. E Catania, in fatto di giocate non scherza di certo.Non sappiamo se qualcuno abbia già azzeccato la combinazione giusta, ma i numeri sul “coronavirus” si continuano ancora a giocare. Al virus e’ stato attribuito ovviamente il numero 19. Per formare il terno secco su tutte le ruote, o meglio su una sola che potrebbe elargire una cospicua sommetta al fortunato, ne occorreranno altri due. Qui le variabili possono essere tante…allora “Strugghemucci ‘i nummira”. Sempre in tema di tradizioni, il Capodanno ha i suoi riti. I botti, quelli che sono legali perché non pericolosi, servono a scacciare tutte le negatività. Illuminano il cielo di colori variopinti che conferiscono all’evento un forte impatto di suggestività. Anche l’occhio vuole la sua parte. Ma è a tavola che “si gioca” il possibile destino dell’anno che sta per scoccare. Il “Cenone” ha la sua importanza; il menù e tutto ciò che fa da contorno deve essere scelto con cura. Secondo il grande Demopsicologo palermitano Giuseppe Pitrè: “Cu mangia a Capudannu maccarruni, tuttu l’annu sa fa arruzzuluni!” Non sappiamo cosa sia potuto accadere durante lo scorso San Silvestro, ma qualcosa forse non avrà funzionato. Nei vecchi sussidiari di scuola però una filastrocca ci insegnava: “Io sono il padre di dodici figli/ e tutti quanti sono mortali;/ vesto di rose, di fronde e di gigli/ non ce n’è uno all’altro uguale(…). E’ vero. Ma è altrettanto vero che ognuno lo vorrebbe plasmato a seconda dei propri desideri. In virtù di ciò, la superstizione tende sempre a superare anche la più palese razionalità. A dominare la notte di Capodanno è sempre il colore rosso. Rossa la tovaglia da tavolo, rosse le candele, rossa perfino la biancheria intima. Qualcuno adesso storcerà il muso, ma la tradizione pare provenga dalla Cina. Nel simbolismo orientale, infatti, il rosso è il colore della fortuna, della prosperità e della buona sorte. Niente male. I pensieri dovranno essere tutti positivi. Attenzione a quello che si fa, perché l’anno a venire potrebbe essere caratterizzato proprio dagli atti compiuti poco prima della mezzanotte. Vietato ai più piccoli il gioco delle carte, potrebbero acquisire questo brutto vizio. Mai piangere, per carità! Meglio il sorriso. Da qui l’allegria della comitiva che trova il suo momento più alto nello stappo dello spumante( o dello Champagne). Il “botto” più è forte e più fortunato sarà l’anno entrante. La fortuna è quasi sempre sinonimo di ricchezza economica; ecco perciò entrare in campo, anzi a tavola, il cotechino con contorno di lenticchie. Già dai tempi degli antichi romani era tradizione mangiare questo legume che ben appiattito simboleggiava la moneta d’oro. Mangiarle quanto più cotte possibile comporta…un aumento di volume. Dunque, chi più ne ha, più ne metta! Questa antica usanza contrasta con quella attuale che per meglio ingraziarsi la sorte, c’è chi preferisce intascarne delle belle “manciate” crude. La variante alle lenticchie sono i chicchi d’uva, ma è una usanza praticata più in Spagna che in Italia. Paese che vai, usanze che trovi. L’anno che verrà è sempre un rebus. Col morale sotto i tacchi conviene affidarsi alla omonima canzone di Lucio Dalla. Un testo utopistico capace però di infondere grande speranza. E allora in alto i calici per un “Cin-cin” liberatorio con tanto di sonoro “tin-tin”. Usanza anch’essa attribuita alla…Cina. Deriverebbe da due parole: Ch’ing Ch’ing, che nel suo significato più moderno vuol dire “Bacio”. E allora: “Prosit” che sia, cioè, “di giovamento”. Speriamo. Auguri.
Pubblicato su La Sicilia del 27.12.'20
UN NATALE TECNOLOGICO DI SPERANZA
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- Category: Moda Costume e Società
- Written by Santo Privitera
Dicembre è il mese più bello dell’anno. Il mese della speranza; il mese nel quale ci si prepara ad essere più buoni perché nasce il Messia e perché, per buona pace di tutti, ci si scambiano doni, auguri conditi di baci e abbracci. Perché questo “stato di grazia” continui il più possibile, già subito dopo la festa dei “Morti” compaiono sulle vetrine i panettoni e i primi addobbi natalizi. E’ dura per i tradizionalisti accettare tutto questo; una volta le manifestazioni natalizie non incominciavano prima “ Dda ‘Maculata“, cioè nel giorno dedicato a Maria Immacolata. Dicembre è anche il mese ricco di Santi che…contano. Da qui la filastrocca dicembrina: “ ‘U quattru Barbara, ‘o sei Nicola, ‘o tririci Lucia, ‘o vintiquattro ‘a nascita du’ veru Misìa”. Nel mezzo ci sono i simboli e le antiche usanze che, tra il sacro e il profano, indicavano il Natale come il momento più propizio perchè le nonne tramandassero alle nipoti antiche preghiere taumaturgiche. La guarigione per la slogatura delle ossa, il “Pedrenostro San Giuliano” e “ a Cimmatura ‘de vemmi” rientavano tra questi riti. Vecchi retaggi che sembravano funzionare davvero. Col trascorrere del tempo, sono sempre meno le ragazze disposte ad impararle. Si perderanno. Ma dicembre è anche l’ultimo mese dell’anno e ci si prepara ad accogliere nel migliore dei modi quello che verrà. Come è lecito aspettarsi, ognuno serba in cuor suo il desiderio che risulti migliore del precedente. Il 2020, a seguito della pandemia che tanti lutti ancora purtroppo sta causando, è stato per il mondo intero troppo nefasto. Forse il peggiore in assoluto da quando è entrato il Terzo millennio. Non si sente dire altro: “Prima si nni va’ e megghiu è!”. Sta nascendo in proposito tutta una letteratura musicale forse un po' grottesca che non va troppo per il sottile. I social fanno da cassa di risonanza, quasi a esorcizzare il momento di grande incertezza che si sta vivendo. Servirà il vaccino? Quando si arriverà a quella tanto agognata “Immunità di gregge” che, stando ai virologi, dovrebbe sancire la sconfitta definitiva del morbo? Qualcuno a dicembre dell’anno scorso lo aveva scritto: “Anno bisesto, anno funesto” ed i proverbi raramente si sbagliano. Chi lo doveva dire che a distanza di un secolo esatto dalla famigerata epidemia della “Spagnola”, doveva piombare come un fulmine a ciel sereno quest’altro flagello!!??. Allora si usciva da una logorante guerra che gli esiti vittoriosi avevano contribuito a rendere meno amara; oggi a preoccupare è lo stato economico del Paese con tutte le sue incognite. Malgrado ciò, il clima continua a essere “festaiolo”. Lo dimostra il fatto che soprattutto nei grandi Centri urbani, ma anche nelle loro periferie, non mancano le luminarie. Tra infinite polemiche e tante incertezze, meno male che la speranza è l’ultima a morire. La magìa del Natale fa sempre i suoi miracoli. Cambiano i tempi e le tradizioni si evolvono. Così di necessità si fa virtù. Ci manca tanto il suono della zampogna che in altri tempi fluttuava nell’aria insieme agli odori caratteristici della calia e del torrone; ci manca il calore di un abbraccio e di una vigorosa stretta di mano, in compenso abbiamo la tecnologia che ci viene incontro e ci sorregge. Nel momento in cui per necessità si è costretti a stare a casa, attraverso i social ci si può incontrare, scambiare lunghe chiacchierate anche a notevole distanza. Non solo. Dalle nostre parti si stanno organizzando giocate a carte e perfino spettacoli. Il Presepe vivente diventa un musical e la Novena continua a essere rappresentata con tanto di litanìe e musica davanti a una improvvisata “Cona” casalinga. Tutti rigorosamente i mascherina e con il dovuto distanziamento i protagonisti. Anche Babbo Natale. Si presenterà ai bambini con la mascherina rossa personalizzata. I Nonareddi di ritrovata memoria, si adatteranno a suonare in una stanza. Magari avranno la stufa vicino, ma simuleranno di essere all’addiaccio per esigenze di spettacolo. Sullo sfondo il Presepe e l’Albero di Natale ben in vista. Continueranno a suonare le tradizionali “Ninnareddi”: “Dormi splenditu bamminu”, “ ‘U zuccu di Natali”, “ ‘Susi pasturi”, “ Tu scinni di li stiddi” ed altri ancora. Tutto il resto è affidato alla fantasia; meglio che niente però. E’ un clima surreale quello che si sta preparando. Sarà una prova generale per il prossimo futuro?...Speriamo di no!
Pubblicato su La Sicilia del 20.12.'20
Nella foto, il collegamento Skype domenicale dedicato alla novena de "I Colapisci", organizzato dal Centro culturale "Paternò-Tedeschi".